L’archeologia del presepe
’O Presepio, il Presepe vivente settecentesco, voluto e progettato da AlGraMà e dall’Associazione Madonna del Buoncammino, condiviso da Molino d’Arte, finalizzato all’approfondimento della storia dell’Arte Presepiale e alla ricerca delle origini degli attuali e contemporanei impianti presepiali che occupano le nostre abitazioni e le nostre chiese.
La rappresentazione del Presepe Napoletano settecentesco pone definitivamente termine alla concezione francescana, tutta incentrata sulla “Grotta della Natività” e si struttura diversamente da quello strettamente ed esclusivamente religioso, cheaccompagnava le festività natalizie dei secoli precedenti.
La proposta di ’O Presepio ci consente di ricostruire ed individuare la filologia dei Presepi contemporanei, nonché delle tradizioni, oggi ancor vive in forme diverse. I Borboni sono stati i primi ad aver voluto inserire in scena la grande spiritualità della Natività, insieme ad una rappresentazione ironica della vita quotidiana e alla applicazione delle arti conosciute al tempo. I personaggi indossano i costumi tipici ed il popolo è presentato con crudo verismo, con tutti i ‘“finimenti” minuti, all’epoca lavorati nelle reali fabbriche di acciaio e delle porcellane.
La concezione odierna del Presepe trae quindi, indiscutibilmente, origine e struttura da quello napoletano diffuso grazie anche alla dedizione personale di Re Carlo III e della regina Maria Amalia, la quale si preoccupava di scegliere e confezionare le vesti dei pastori nel corso di quasi l’intero anno.
Invero, i presepi di recente costruzione, allestiti sia nelle chiese che nelle abitazioni, sono normalmente impreziositi da figure che rappresentano spaccati di vita quotidiana, parti del quadro generale della vita cittadina, con i suoi abitanti, artigiani di ogni genere (sarti, calzolai, fabbri, sellai, maniscalchi), con i venditori al minuto davanti ai banchi di frutta e verdura, mozzarella, pesce, pollame, vitelli, baccalà, agli, cipolle.
Il paradosso è costituito dal fatto che anche i Presepi che intendono ricostruire la originaria religiosità, o il vecchio impianto francescano hanno subito l’influenza ed il condizionamento della cultura presepiale settecentesca. Pertanto, la originaria “Grotta di Betlemme” risulta inevitabilmente caratterizzata da confuse commistioni che richiamano l’epoca romana, il Presepe di Greccio e quello di ispirazione napoletana con le scene di vita quotidiana.
Con ’O Presepio si è inteso tentare una sorta di operazione di archeologia storico-culturale (culture history), che ha per obiettivo l’individuazione delle culture del passato, le loro stratificazioni e inevitabili intersecazioni con la classificazione del luogo e del tempo in cui si sono sviluppate.
La ricerca archeologica ebbe particolare influenza proprio nell’impianto presepiale napoletano settecentesco, perché ai tempi di Carlo di Borbone il presepe si arricchì, per influsso degli scavi di Pompei e di Ercolano, allora condotti e promossi dallo stesso sovrano, di rovine di templi greco-romani nei pressi della grotta del Bambinello.
Quindi, ’O Presepio si candida, attraverso una piccola rappresentazione, a rivestire una valenza culturale, oltre che religiosa, ritenendo che il termine cultura vada inteso come complesso di modelli ed idee, indicando “le tradizioni socialmente apprese ed acquisite e i modi di vivere dei membri di una società, ivi inclusa la loro maniera strutturata e reiterata di pensare, sentire e agire” (Harris, 1987)