Campo 65: ruderi e rovine come occhi spalancati ci invitano a riflettere

Quelle rovine e quei ruderi del Campo 65 lungo la statale 96 tra Altamura e Gravina, come occhi spalancati ci invitano a riflettere. Immersi in un silenzio assordante testimoniano vicende di tanta disumanità del secondo dopoguerra.   

            Fu completato nel ’42: una trentina di ettari con una ottantina di baracche che riparavano dal sole e dall’acqua quasi 12.000 anime, prigionieri di guerra provenienti dai fronti della guerra d’Africa.           Fu il più grande campo per prigionieri di guerra italiano della seconda guerra mondiale. Ci raccontano gli studiosi che quegli uomini e quelle donne che vivevano su quel fazzoletto di territorio murgiano, si predisposero a “piccola cittadella”, con azioni collettive colme di speranze e di tanta voglia di superare malesseri per aprirsi alla vita. Molti si ammalarono. In tanti furono trasferiti nei campi di prigionia tedeschi. Molti morirono di stenti. 

            Oggi quei ruderi rimasti – pochi edifici obsoleti e la palazzina comando –  rappresentano luoghi della sofferenza, luoghi di interesse storico, luoghi della riflessione collettiva. Luoghi della meditazione per un divenire perenne di pace e di libertà, nel rispetto della persona umana. Luoghi di testimonianze per non dimenticare. Luoghi da visitare non solo il 27 gennaio di ogni anni per la ricorrenza della Giornata della memoria.

            L’Associazione Campo 65 è lì ad Altamura dal 2019, per promuovere a tutti i livelli la diffusione della memoria storica, il recupero e la valorizzazione dei Luoghi della Memoria del Novecento presenti nell’Alta Murgia. Il Campo Prigionieri di Guerra 65 è noto come “ex-campo profughi”, prima, Campo di prigionia e internamento durante la seconda guerra mondiale e, successivamente, destinato ad accogliere migliaia di profughi di varia nazionalità. 

            L’Associazione Campo 65 è lì ad organizzare eventi, a promuovere e concretizzare visite guidate per discenti del territorio e non solo, ad animare confronti e riflessioni, a raccontare storia e storie di vita dei prigionieri nelle relazioni con la popolazione locale.

            Così il presidente dell’Associazione Campo 65 Domenico Bolognese: l’Associazione ha iniziato in solitudine poi si sono aggiunte altre associazioni e volontari, tra cui guide turistiche e docenti di storia in pensione. Importante si sta rivelando il contributo delle Università di Bari, Matera e Foggia per la ricerca, a breve ci saranno gli scavi, e quello del 7° Bersaglieri che sta fornendo documenti importanti del Campo 65 abitato da 12.000 prigionieri, con spazi ridotti, servizi molto limitati e scarsissime disponibilità di viveri. C’è l’impegno di alcuni uomini delle istituzioni democratiche a far finanziare quei luoghi e a presentare una proposta di legge per far diventare il Campo 65 monumento nazionale. 

            Interessante sul piano culturale si è rivelata la produzione una mostra in digitale, con varie foto di prigionieri, un documentario nel quale si fa la storia del Campo 65, si formulano proposte di alcuni studenti per un suo proficuo recupero. 

            L’impegno dell’Associazione Campo 65 è quello di presentare questi documenti nelle scuole, con l’obiettivo di mantenere viva la memoria nelle giovani generazioni. Per non dimenticare davvero. 

Michele Gismundo

Scatti d’amore del fotoamatore gravinese rag. Carlo Centonze

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