IL TRULLO MURGIANO

Ormai rare sono quelle costruzioni isolate nelle campagne del territorio dell’Alta Murgia, trulliformi, a forma di tronco di cono, con pianta circolare o quadrangolare, costruiti con pietre, a secco, raccolte giorno dopo giorno lungo i terreni o i pascoli circostanti.

            Intanto, come si chiamano esattamente? TRULLI? Come le costruzioni tipiche della  Valle d’Itria  e della Puglia centro-meridionale?  Oppure, NURAGHI o NURAGHES, diffusi in Sardegna?   PAGGHIARE o SPECCHIE?

            La tipologia edilizia di tali costruzioni appartiene alle cosiddette architetture spontanee e rientra nella più ampia categoria delle costruzioni in pietra a secco, realizzante senza l’impiego di collanti. Costruzioni realizzate con la stessa tecnica si trovano nella area mediterranea con nomi diversi: Bunja, Girna, Dammusi, Mitati,

            Le somiglianze costruttive fanno pensare alla civiltà Minoica in quanto la più antica costruzione scoperta nel Mediterraneo con la tecnica della costruzione a secco a forma di tholos è costituita dalla tomba minoica.

            La costruzione rurale murgiana si differenzia dal tipico TRULLO, diffuso nella valle di Itria e nella bassa Murgia, per la copertura conica  fatta di lastre di pietra, disposte a gradini rientranti verso l’alto, così da formare una cuspide conica. La superficie esterna delle cupole è coperta da chiancarelle, mentre le pareti interne sono intonacate e imbiancate (enciclopedia Treccani).

            Si differenzia pure dalla tipica costruzione preistorica della Sardegna, costituita da un edificio a forma di torre tronco-conica, costruito con rocce sedimentarie o eruttive coperto con una pseudocupola e, nell’interno, spesso provvisto di nicchie e di una scala, ricavata nello spessore della muraglia, per accedere agli eventuali piani superiori e alla terrazza (enciclopedia Treccani).

            Le costruzioni tipiche del territorio murgiano sono denominate “pagghiare” o “pagliari” e si trovano anche nel basso Salento e nel tarantino.

            Queste costruzioni sono le più sacre testimonianze della nostra civiltà contadina e venivano realizzate sui confini del fondo rustico per non togliere spazio alle colture.

            Presentano di norma un’unica camera senza finestre verso l’esterno. I muri hanno un notevole spessore, che assicura un ambiente interno fresco anche nei mesi più caldi.

            I “pagliari” presentavano originariamente una copertura realizzata con tronchi e frasche; successivamente si utilizzarono lastre di pietra poggiati su tronchi o pali di legno. Alcuni “pagliari” presentano un anello, o un duplice anello di circonferenza più ridotta rispetto a quello di base in pietra come rinforzo alla struttura principale. Quasi tutti sono dotati di una scaletta esterna per agevolare l’accesso al tetto per eventuali manutenzioni. Venivano utilizzati come riparo momentaneo o deposito (il nome li fa ritenere originariamente depositi di paglia), oppure come abitazione dei contadini durante il periodo estivo,  punti di avvistamento.

            All’ interno venivano realizzati camini, cisterne e stipi incastonati nei muri spessi.

            Questi monumenti della civiltà contadina vanno preservati dagli agenti atmosferici e dall’incuria. Quindi, vanno fotografati, catalogati e censiti. Poi recuperati e ristrutturati per vincolarli alla memoria.

            Infine, potrebbero costituire dei rifugi o dei momenti di sosta per quanti a piedi o in bicicletta visitano il nostro territorio.

Gianni Moramarco

(Le immagini sono state scattate dall’ing. Frano Tarantino in zona Botromagno a Gravina in Puglia)

Foto scattate da ing. F. Tarantino a Botromagno

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