Giuseppe Laquale, La chiesa grotta di San Michele in Altamura
Vogliamo dare inizio ad una nuova rubrica periodica che ha come titolo “Le immagini dell’Arte nel territorio murgiano”, che darà spazio alle descrizioni e alle rappresentazioni artistiche del nostro territorio note e meno note, senza però dimenticare i collegamenti reali o solo vagheggiati fra le produzioni artistiche italiane ed europee dalle più antiche a quelle più attuali.
Il complesso di S. Michele delle Grotte in Altamura, noto anche come S. Angelo de La Ricza o della Riza, si trova lungo una strada intessuta da luoghi della fede, in stretta comunione fra loro, come la chiesa di S. Teresa, la vicina chiesetta della Madonna della Croce e la più lontana cappella della Madonna del Buoncammino, sull’asse Nord-Nord-Ovest, variamente intrecciate alla storia della società altamurana nei secoli post medievali.
Al complesso parte ipogeo (subdivale, direbbero gli addetti ai lavori), e parte alzato in muratura, si accede oggi tramite una scala in cemento che sostituisce indegnamente l’accesso della fine del XVIII secolo distrutto all’epoca della costruzione della strada che lo costeggia; questa scala conduce al giardino ribassato rispetto al piano stradale di alcuni metri, antistante agli ingressi del complesso, i cui lunghi alberi testimoniano l’antichità del posto e l’intenzione forse già originaria di caratterizzare il sito con una bellezza naturale che riportasse alla memoria la grotta del Gargano. L’intenzione era di duplicare il prototipo del luogo di fede micaelica poi riprodotto nei siti di culto diffusi in seguito, resi simili al primo o scelti appositamente e scrupolosamente per reiterare e rinnovare la predilezione dell’Arcangelo per le apparizioni in grotta.
Il nostro luogo propriamente non è un antro, come in altre spelonche dedicate al santo, ma piuttosto una chiesa-grotta con due “edifici” posizionati in maniera ortogonale fra di loro, un fronte principale che guarda il giardino d’accesso e il fronte laterale, a sinistra, che incrocia il primo.
Varia la storia, documentata dal 1424 in poi, sebbene gli storici e gli studiosi ne attribuiscano la nascita al X secolo, e la presenza di affreschi assolutamente antecedenti al XV secolo ne spostano la costituzione nella prima forma almeno agli anni in cui Sparano da Bari girava per le nostre contrade, censendo e abbellendo con le maestranze artistiche al suo seguito i luoghi della fede.
Nell’ambiente principale, cui si accede tramite una piccola scaletta in pietra, si trovano tre altari, delimitati da pilastri che sorreggono le volte, uno centrale con abside semicircolare caratterizzato dall’affresco della grande Deesis, con il Cristo Pantocratore severo e benedicente con ai lati la Vergine Maria e il S. Giovanni Battista e due altri ai lati; quello a destra, riporta le immagini settecentesche del S. Michele fra i Santi Leonardo e Lorenzo sul fronte dell’abside ad arco ribassato, mentre nelle spallette vi sono l’Arcangelo Raffaele con Tobia e S. Dionigi l’Aeropagita, che trasporta in braccio la sua testa mozzata. Da notare, alle spalle del santo convertitosi in seguito al discorso all’Aeropago di S. Paolo, il probabile skyline di Altamura, con una torre della Cattedrale, fortificazioni e porte d’accesso. Il terzo altare, a sinistra della Deesis, è chiaramente successivo ed è caratterizzato da una basec on volute a ricciolo con avancorpo scolpito nella forma di uno scudo con cartiglio e una nicchia sovrastante che doveva ospitare una statua di un Santo o di una Santa, forse la Santa Lucia oggi in custodia presso l’Archivio Biblioteca Museo Civico. Su due pilastri si trovano due affreschi datati variamente al XIV o al XV secolo raffiguranti S. Nicola di Myra e S. Lucia, nella forma della Santa Parasceve cara all’iconografia bizantina, con il piattino con i due occhi e la sottile crocetta retta nell’altra mano.
Sul pavimento le maioliche laertine del 1690, nobilitano il luogo, nella consueta maniera delle cose fatte bene che, sebbene di epoche differenti sembrano dialogare fra loro con uno stesso linguaggio di bellezza, graziosità e fascino. L’ambiente a sinistra, meno studiato poiché meno visitato e difficilmente accessibile, riporta frammenti di affreschi -forse della stessa epoca della Deesis- propriamente una Crocifissione e un Angelo a mezzo busto, senza volto, forse la raffigurazione più antica che rappresenta il titolare del luogo. Nuovi studi e restauri ne consentiranno attribuzioni e interpretazioni più esatte: oggi ci immergiamo in un luogo dal fascino indiscutibile, che per sue caratteristiche merita di essere meglio conosciuto e fatto conoscere, e che per sua natura trova un posto d’onore nella costituenda Via Micaelica, nuovo itinerario di arte, cultura e fede che dovrà confrontarsi negli anni a venire con il grande pubblico.
Giuseppe Laquale
Foto da La Gazzetta del Mezzogiorno – “La fascinosa via micaelica collega la Murgia all’anima”
Molto affascinante e appagante. Descrizione molto comprensibile ai meno esperti come me e minuziosa anche nei minimi particolari. Penso che un turista prima di entrare nell’epogeo dovrebbe avere in mano, in qualsiasi forma ( cartacea, elettronica, audio.) la completa descrizione racconto di Giuseppe, al quale va tutta la mia ammirazione, stima e la fraterna amicizia.