Girolamo Candido fu edificatore di luoghi simbolo della Città di Gravina

Intervista di Giuseppe Marrulli

Origine dell’impresa. Girolamo Candido è stato titolare di un’impresa di costruzioni che ha lasciato opere di significativo valore. Quali furono i motivi che lo portarono a svolgere quell’attività? Tra le motivazioni è stata determinante l’occupazione svolta dai genitori? Questi hanno stimolato il figlio a studiare e, in caso affermativo, fino a quale grado di istruzione?

Quello di nostro padre non è stato un caso di prosecuzione del mestiere paterno né il frutto di stimoli ricevuti dall’autorità genitoriale. Il nonno Michele (classe 1857) svolgeva il lavoro di contabile nel Molino Modugno e la nonna Rosa Corrado era una casalinga. Il giovane Girolamo (1902), dotato di un forte spirito di intraprendenza, si è trovato a vivere gli anni della formazione nel difficile periodo della ricostruzione dopo la Grande Guerra, anni nei quali la disoccupazione dilagava e spingeva gli operai italiani ad emigrare. In quel periodo furono siglati gli accordi bilaterali italo-francesi per lo scambio di manodopera e gli italiani emigrati in Francia aumentarono costantemente fino a raggiungere il numero di 808 mila nel 1931, pari a circa un terzo degli stranieri residenti in quella nazione. Si trattava soprattutto di fornaciai, cementizi, minatori e muratori. Fu così che papà – già addestrato da mastro Colett’ Tota –  andò ad affinare il mestiere in Francia all’età di 18 anni. Tornò in Italia a metà degli anni ’20 e si mise in proprio. Frequentò solo le scuole elementari, ma continuò ad istruirsi da autodidatta; in casa, infatti, non mancavano testi tecnici di edilizia che servivano per il suo aggiornamento.

Avete particolari ricordi della famiglia di origine di vostro padre? Quali testimonianze vi ha trasmesso sulla situazione socio-economica dei tempi in cui era giovane a Gravina? Potete riferire episodi o eventi particolari di cui vostro padre è stato protagonista od osservatore diretto?

Nostro padre è morto nel 1950 in seguito ad un incidente avvenuto sul posto di lavoro e ad una successiva imperizia medica. Noi eravamo piccoli e non siamo depositari di testimonianze dirette relative a quei decenni tormentati della vita politica, sociale ed economica della nostra città. Tuttavia, nel tempo i racconti di nostra madre, degli amici e conoscenti di papà, i documenti e le fotografie di famiglia ci hanno consentito di ricostruire alcuni episodi salienti di quell’epoca. Allora la povertà era molto diffusa e numerose famiglie stentavano a mettere insieme il pranzo con la cena. Nostro padre, con la sua impresa, dava lavoro a non pochi uomini, mantenendo sempre un ottimo rapporto con i dipendenti. Non vogliamo fare autoesaltazione, ma non possiamo tralasciare ad esempio che, a dieci anni dall’incidente mortale, abbiamo conosciuto due operai che piangevano davanti alla sua tomba. Del resto, al di là delle relazioni di cantiere, nostro padre era molto presente nella società e non mancava di coltivare interessi politici: alla fine della 2’ guerra mondiale ha fatto parte del Partito d’Azione e, in rappresentanza di tale partito, il suo nominativo fu proposto al Prefetto dal Comitato di Liberazione gravinese come componente della prima giunta del dicembre 1945.Nelle prime elezioni amministrative del 24 marzo 1946 fu candidato nella lista della stessa formazione politica. La sua attività imprenditoriale gli ha fatto poi conoscere personalmente Aldo Moro e soprattutto il senatore Giacinto Genco – papà fece da padrino al figlio Peppino – il quale pronunciò il discorso di commemorazione in occasione delle esequie. Al suo matrimonio invitò sia gli operai che l’aristocrazia gravinese, in linea con il suo spirito interclassista. Della sua ampia apertura e disponibilità hanno dato assicurazione quanti lo hanno conosciuto.

L’edilizia, insieme all’agricoltura e al commercio, ha costituito e costituisce ancora l’attività economica prevalente nella nostra città. Edilizia e agricoltura sono, inoltre, settori contigui che si scambiano gli addetti a seconda delle stagioni e dell’alternanza crisi/sviluppo. L’edilizia è anche un’attività con rilievo storico: essa ha contribuito a trasformare e a rinnovare il volto della città. Come si è collocata la vostra impresa di famiglia nella evoluzione architettonica e nella crescita della città? Quali erano all’epoca i vostri principali competitor?

L’Impresa Edile di Girolamo Candido era annoverata tra le maggiori imprese del tempo. Gli altri principali competitor del posto erano Beniamino D’Agostino, l’impresa Masciandaro e i Dibattista, che erano anche proprietari delle cave da cui estraevano le pietre per erigere le loro costruzioni. Nostro padre era ben collegato con le famiglie benestanti di Gravina, soprattutto i proprietari terrieri, di cui era diventato il costruttore di fiducia: a lui si rivolgevano sia per edificare nuove abitazioni sia per ristrutturare quelle esistenti. L’impresa era attiva anche nel settore dei lavori pubblici. Ad esempio si occupò della costruzione di case popolari e della strada provinciale S. Angelo-Poggiorsini, tuttora in esercizio e in buone condizioni strutturali. In quell’occasione furono ingaggiate centinaia di persone – spalle larghe e braccia vigorose prese in prestito dall’agricoltura – che provvedevano a spaccare le pietre solo con attrezzi manuali.

Il Palazzo Liuzzi di Gravina costruito dall’Impresa Girolamo Candido,
oggi sede della Stazione Carabinieri

Le imprese di costruzione sono molto spesso individuali o comunque hanno una dimensione ridotta. In numerosi casi i muratori o meglio i “mastri” che hanno maturato esperienza e abilità fanno il grande passo verso l’impresa organizzata, investendo capitali e macchinari. Soltanto negli anni più recenti sono emersi veri e propri capitalisti che finanziano l’impresa senza assumersene l’onere produttivo o il rischio specifico di impresa, se non quello dell’investimento di capitale. Qual è stata la dimensione d’impresa di vostro padre in termini di capitali, addetti e fatturato? Come venivano organizzate le relazioni con i fornitori di materie prime (tufo, calce, cemento, ferro ecc.), con i committenti o i compratori degli immobili?

Pur trattandosi di un’impresa individuale, in molti cantieri venivano ingaggiati spesso centinaia di addetti. Si può affermare che la dimensione dell’azienda, in termini di addetti, era variabile e si allargava o si restringeva in funzione dell’entità dei lavori da eseguire. L’impresa doveva disporre di capitali propri sufficienti, quanto meno, a coprire le spese dei materiali e le paghe degli operai. Quando la liquidità veniva a mancare, si ricorreva ai prestiti bancari. In ogni caso l’impresa di Girolamo Candido era iscritta all’Albo Nazionale degli Appaltatori e alla Federazione Nazionale delle imprese edili, godeva della fiducia degli istituti bancari, possedeva discrete riserve di liquidità, disponeva di macchinari e attrezzature idonee. In altri termini aveva titolo a partecipare alle gare per la realizzazione di opere pubbliche. Mentre, nell’ambito dell’edilizia residenziale privata, il ciclo produttivo era sostenuto essenzialmente dagli acconti corrisposti dai committenti all’avvio e in corso d’opera. Come dire, il ciclo si autofinanziava, se non fosse che allora, come oggigiorno, il meccanismo a volte si inceppava per l’interferire dei cattivi pagatori che non onoravano gli impegni presi. Per salvarsi da questi esiti indesiderati, gli imprenditori come nostro padre si basavano sulla fiducia e sulla conoscenza personale del committente prima di concludere un accordo.  L’approvvigionamento di ferro e cemento avveniva spesso fuori città. Sul posto erano abbondanti le cave di tufo, che garantivano un prezzo più conveniente. Il cemento armato e le putrelle in ferro facevano già parte delle caratteristiche strutturali. Ma il tufo andava per la maggiore, richiesto per i tipici soffitti a botte o per le volte a specchio. La nostra impresa, come le altre in quei tempi, non costruiva se non su commissione. Non veniva fatto ricorso al sistema degli “appartamenti a vendere”. Negli ultimi anni papà comprò un suolo edificatorio di fronte al Cinema Centrone, proprio per dare una svolta moderna all’attività: voleva costruire appartamenti per futuri acquirenti. Ma l’incidente mortale mise per sempre fine al suo progetto e la nostra famiglia ha poi dovuto vendere quel terreno sia per necessità sia perché non in grado, per la mancanza di eredi maggiorenni, di continuare l’attività d’impresa.

Il Cinema Centrone di Gravina in Puglia
in costruzione a cura dell’Impresa Girolamo Candido,  anni ‘40

Quali erano le tipologie delle abitazioni costruite dall’impresa paterna (es. n° di vani, servizi, vano scale, cantine, locali a piano terra, coperture, terrazze)?

Nel periodo di attività della nostra impresa era prevalente la costruzione di abitazioni unifamiliari, ovviamente per chi se lo poteva permettere con il ricavato della vendita di terreni agricoli o con il risparmio accumulato a volte dopo una dura vita lavorativa all’estero. Si trattava di edifici con uno, massimo due piani oltre il pianterreno; l’abitazione disponeva inoltre di locali per uso magazzino a livello stradale e di cantine per la conservazione del vino scavate in profondità per estrarre il tufo necessario all’ edificazione del palazzo. Le coperture erano quasi sempre piane, utilizzate come terrazze coperte e scoperte.

Descrivete le opere edilizie principali realizzate a Gravina da vostro padre, sia di edilizia pubblica che privata, indicandone i committenti. Come si possono qualificare i rapporti con l’amministrazione comunale o con le altre autorità rilevanti per ottenere le autorizzazioni o le licenze di costruzione?

Nulla di particolare da riferire, secondo quanto a nostra conoscenza, sui rapporti tra l’impresa e l’amministrazione comunale o le altre entità burocratiche con le quali si doveva interloquire ai fini del rilascio delle autorizzazioni necessarie. Secondo noi allora i rapporti erano meno complessi di oggi e il sistema dei controlli era più diretto anziché essere basato su forme di autocertificazione. L’impresa paterna ha eseguito i lavori di costruzione dell’Edificio Scolastico S. Giovanni Bosco nel 1932, sul terreno dove prima si trovava la masseria “La Cavallerizza” ridotta ormai a un fabbricato fatiscente. L’architettura dell’edificio rispecchia lo stile dell’edilizia scolastica dell’epoca fascista, secondo un modello presente anche in altri comuni d’Italia e in Puglia, dove Mussolini nel settembre 1934, nel corso di una visita di cinque giorni, non mancò di raccogliere il consenso di una popolazione osannante per le opere pubbliche realizzate. E’ una struttura ancora solida, che non dà segni di cedimento: due piani di aule distribuite lungo grandi corridoi, la palestra, la refezione, l’ampio cortile interno. Dall’edilizia scolastica all’edilizia commerciale: negli anni quaranta l’imprenditore Leonardo Centrone da Grumo Appula, molto amico di nostro padre, gli affidò la costruzione di un cinema da due mila posti. Sorse così, su progetto di un ingegnere tedesco, il Cinema Centrone in stile liberty con una magnifica hall di ingresso e due scaloni simmetrici che dal piano della platea portano alle due gallerie dei piani superiori. All’epoca era un edificio che riqualificò notevolmente il corso De Gasperi, era all’altezza dei più belli e capienti cinema della Puglia. Nel settore dell’edilizia residenziale privata, nostro padre ha avuto il privilegio di costruire, tra gli anni venti e trenta, Palazzo Liuzzi sul Corso Aldo Moro che conduce alla stazione ferroviaria, ora occupato dalla Caserma dei Carabinieri. Si tratta di un edificio di grandissimo livello, con cortile interno e ampi corridoi lungo i quali si affacciano le stanze. Fu commissionato dal possidente Vincenzo Liuzzi. L’incidente fatale fermò l’impresa quando era stato già montato il ponteggio interno per la ristrutturazione della Chiesa di S. Agostino.

L’edificio scolastico S.G. Bosco di Gravina in Puglia in costruzione,
Impresa  Girolamo Candido, anni 30

L’edilizia purtroppo è stata legata a fenomeni di sfruttamento della mano d’opera (evasione contributiva, reclutamento a nero, basso salario) e di insufficiente sicurezza delle condizioni di lavoro (infortuni). Un tempo, inoltre, venivano impiegati in quel lavoro ragazzi minori d’età. Avete testimonianze, episodi, ricordi da riferire in proposito?

Le condizioni di lavoro dell’epoca non erano paragonabili a quelle attuali, le norme in materia di sicurezza non erano così stringenti. Certamente si verificavano infortuni, come del resto continuano a verificarsi ancora nei nostri tempi nonostante i progressi della tecnologia e i controlli. Il cantiere edile è per definizione un posto di lavoro a rischio elevato. In quei tempi alla mancanza di norme e di dispositivi di protezione supplivano sia l’ottimo rapporto che nostro padre aveva con gli operai sia l’esistenza, una volta fuori dal regime fascista, di una Camera del Lavoro che a Gravina era potente e protettiva. Tuttavia non possiamo nascondere che proprio il titolare dell’impresa, Girolamo Candido, rimase vittima di quello che, a ben vedere, può considerarsi un infortunio sul lavoro occorso mentre svolgeva un compito non spettante a lui: si prestò volontariamente a smontare il pneumatico di un mezzo pesante di proprietà e rimase violentemente colpito dal cerchione. L’imperizia medica nell’intervento di soccorso e cura, poi, gli fu fatale.

Come è cambiata rispetto al passato la tecnologia utilizzata nell’edilizia (Automezzi, gru, strumenti di lavoro, impiantistica)?

La tecnologia ha fatto passi da gigante. Una volta i ponteggi erano costituiti da tavolati di legno e si usavano molto le carrucole, i montacarichi e grossi argani. Gli automezzi erano camion di marca FIAT e Ford. Non si vedevano ancora le gru, in quanto gli edifici residenziali non erano alti come quelli di oggi. Inoltre, l’impiantistica in casa era più essenziale, ad esempio si installavano stufe e camini per il riscaldamento e un sistema elementare per la produzione di acqua calda.

L’impresa di vostro padre ha fatto crescere la ricchezza (immobili, disponibilità finanziarie) della famiglia? Il reddito prodotto veniva investito anche nell’impresa?

La storia della nostra famiglia è abbastanza atipica, in quanto nostro padre, si è sposato con mamma, Serafina Attolini, in età matura. Tra i due c’era una differenza d’età di ben 16 anni e noi siamo rimasti orfani in tenera età. Pertanto non c’è stato tempo di consolidare i profitti dell’impresa, bruscamente cessati con l’incidente. La famiglia è stata poi portata avanti da nostra madre, abbiamo potuto abitare in una casa di proprietà nel centro storico e studiare. Ci piace ricordare che mamma era figlia del primo tipografo/editore di Gravina, don Luchino Attolini che aveva il laboratorio nel locale situato affianco allo storico campanile dell’Orologio, di fronte alla villa comunale. La “Premiata Tipografia Editrice L. Attolini” ha curato l’edizione di importanti periodici locali del primo Novecento (“Eco”, “L’ape”, “La luce, giornale politico letterario” degli anni 1903/1906) e ha insegnato l’arte tipografica ai Gurrado di Gravina, che hanno ereditato l’impresa, e ai Portoghese di Altamura.

Come è stato regolato ovvero come si è diversificato il passaggio generazionale dai vostri nonni a vostro padre e quindi a voi, in termini di benessere familiare, grado di istruzione e attività professionale? Esiste un’abitazione di famiglia costruita da vostro padre?

I nostri genitori ci hanno trasmesso valori molto importanti legati alla famiglia e al mondo del lavoro, ci hanno permesso di conseguire un livello di istruzione superiore. Non è passato senza conseguenze il ruolo esercitato dal capo famiglia nel mondo delle imprese edili, se si considera che il figlio Michele si è ritrovato a ripercorrere alcuni passi segnati dal genitore: a distanza di 20/25 anni è stato titolare anche lui di un’attività nel campo delle costruzioni e dell’impiantistica, occupandosi per combinazione della manutenzione dell’edificio scolastico S. Giovanni Bosco che suo padre aveva eretto. La casa di famiglia, nella quale abita ancora una delle figlie, è stata costruita da papà Girolamo sul suolo acquistato nel 1948 dal proprietario Cavallera, suolo adiacente al Palazzo Orsini. Nostro padre, il primo ad essere sorteggiato tra i proponenti l’acquisto per la scelta del lotto, preferì localizzare la erigenda abitazione proprio di fronte all’edificio ex G.I.L. (poi Camera del Lavoro e quindi Scuola Media Statale) al centro di Via Libertà che collega la Villa Comunale a Piazza della Repubblica, in modo da poter vedere e ascoltare i brani di musica lirica suonati dall’orchestra durante la festa di S. Michele. Ma l’edificio fu completato nel 1950 e papà non fece in tempo a realizzare il proprio desiderio.

               L’intervista è stata rilasciata nell’abitazione storica della famiglia da Rosa e Michele Candido, i due figli che con l’altra, Maria, rappresentano la discendenza di primo grado dell’imprenditore. Abbiamo voluto ricordare le significative opere costruite dall’ “Impresa Edile di Girolamo Candido” nella speranza che esse – divenute luoghi simbolo dell’architettura della città – non vengano mai sacrificate all’interesse economico, come sta accadendo in questi giorni con l’inconcepibile demolizione del glorioso Silos Granario.

Gravina, 5 Giugno 2021

Intervista di Giuseppe Marrulli

Scatti di Carlo Centonze

L’ edificio scolastico S.G. Bosco di Gravina, oggi

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