Il botto per festeggiare è consentito. Un augurio per ogni bollicina

I botti che infastidiscono umani e animali tra Natale e Capodanno (spesso anche con largo anticipo), sarebbero meno assordanti se provenissero da bottiglie di spumante, sapientemente stappate durante momenti di festa o, almeno per quest’anno, per scacciare idealmente le preoccupazioni che stanno affliggendo gran parte delle popolazioni, nell’auspicio di un’effettiva rinascita. I vini petillant, cioè spumeggianti, sono sempre più richiesti perché hanno una leggerezza che porta buonumore. Levità solo nel risultato finale poiché dietro e dentro ogni buona bottiglia di spumante vi è un grande lavoro del vignaiolo. Per cercare di non perdersi nell’intrico delle bottiglie che, soprattutto in questi giorni sono in bella mostra su scaffali di enoteche e negozi della grande distribuzione, è importante cercare di distinguere le varie tipologie perché le bollicine sembrano uguali ma così non è. Il primo distinguo va fatto sul metodo di vinificazione, cioè quello che accade all’uva a bacca bianca o nera, sana e di buona qualità, dopo la vendemmia, quando viene portata in cantina, laddove si trasformerà nel nostro caso, in vino spumante.

            Il vino spumante, secondo la definizione della normativa e successivo regolamento della CEE è il “prodotto ottenuto dalla prima o dalla seconda fermentazione alcolica di uve fresche, di mosto, di vino da tavola o di vino di qualità prodotto in regioni determinate, caratterizzato alla stappatura del recipiente da uno sviluppo di anidride carbonica, proveniente esclusivamente dalla fermentazione e che, conservato alla temperatura di 20°C in recipienti chiusi, presenta una sovrapressione non inferiore alle 3 atm e una gradazione alcolica minima effettiva al consumo di 9,5°.”

            Molte sono le classificazioni ma per semplificare riportiamo questa fondamentale distinzione. Gli spumanti si dividono in Spumanti Naturali (con l’anidride carbonica – CO2- prodotta per rifermentazione) tra i quali rientrano quelli Metodo Classico-Metodo Ancestrale, Metodo Charmat-Sistema Marone -Cinzano e spumanti artificiali (CO2 addizionata). Poi ci sono i vini frizzanti, definiti vini da tavola.

            Ci sono differenze rilevanti nel processo di vinificazione dei vari tipi divini spumantizzati, con risultati diversi dal punto di vista gusto olfattivo ma non a scapito della qualità, almeno per chi lavora in maniera corretta. Innumerevoli sono i vitigni adatti alla spumantizzazione e anche in questo caso occorre fare un distinguo tra gli spumanti aromatici (da uve Brachetto Moscato bianco e giallo, Malvasia, Aleatico nero…) e quelli non aromatici (Chardonnay, Pinot nero, Pinot bianco, Pinot grigio, solo per citarne alcuni). Il famosissimo Prosecco, che si produce da uve Glera costituisce un mondo a parte e prende quel nome solo se il vino è prodotto in Veneto e in Friuli Venezia Giulia.

            Nell’ampio e articolato contesto italiano la Puglia, anche per la produzione di spumanti ha raggiunto ragguardevoli risultati.  Ciò che va rilevato è l’utilizzo di vitigni autoctoni, come il Bombino bianco o il Fiano Minutolo, Maresco e anche Primitivo, spumantizzati con Metodo Classico. Verdeca, Bianco D’Alessano, Malvasia, Fiano, Primitivo, Negroamaro, Nero di Troia, Susumaniello, sono solo alcuni dei vitigni pugliesi che danno vita a vivaci spumanti bianchi e rosati, con caratteristiche e personalità ben distinte da scoprire attraverso “il gioco” della degustazione che ha inizio dall’apertura della bottiglia. Essa andrebbe conservata in posizione orizzontale, mettetela in frigo per tempo, la giusta temperatura di servizio è 8°C per spumanti dolci e aromatici, 8°/10°C per spumanti metodo charmat, 10°/12°C per spumanti metodo charmat lungo, 8°/12° per spumanti metodo classico cuvèe, 10°/12°C per i millesimati.

            Liberate il collo della bottiglia dalla capsula, attraverso l’apposita linguetta, togliete la gabbietta, bloccate il tappo con il pollice della mano sinistra e con la mano destra (viceversa per i mancini) cominciate a svitarlo con lentezza. Il botto per festeggiare è consentito! Piegate la bottiglia, cominciate a versare lo spumante con delicatezza, aspettando che la schiuma o il collier di perle come alcuni romantici la definiscono, si dissolva e continuate a mescere riempiendo il calice non oltre la metà. Osservate il colore dello spumante cogliendone le sfumature, guardate le acrobazie delle bollicine, se sono fini o grossolane, lo spumante di qualità deve avere un lungo perlage, un’effervescenza che non si smorza subito. Avvicinate il calice al naso, annusate cercando di percepire profumi floreali, fruttati, vegetali o di frutta secca o disidratata o ancora una fragranza come di pane fresco e magari più tardi arriva la vaniglia            Quante sorprese in un calice di spumante… Ora assaggiatelo, prima un piccolo sorso per preparare il palato poi ancora uno, tenete il vino in bocca per qualche secondo coinvolgendo tutte le papille, poi deglutite. Riprovate e memorizzate le percezioni. Avvertite un po’ di acidità, una punta di dolce o amaro, una sensazione di grande vivacità data dalle bollicine? Tutto questo e altro ancora in un sorso di spumante! Naturalmente la forma del calice è importante per gustare al meglio il vino.

            Cercate possibilmente di non bere mai uno spumante in un bicchiere basso, le bollicine resterebbero imprigionate. La flute (flauto tradotto dal francese) classica alta e slanciata, è stata sostituita da una flute di concezione più moderna, con un diametro più ampio che favorisce l’esplosione del perlage e dei profumi ma vanno bene anche quelle del servizio buono ricevuto tra i doni di nozze.

            Gli spumanti dolci, come il Moscato d’Asti, andrebbero gustati in coppe, anche di queste se ne trovano tra i ricordi delle nonne, più basse e larghe, in cui il vino possa concentrare i suoi aromatici sentori. Non c’è che l’imbarazzo della scelta nel variegato mondo delle bollicine ma sarebbe opportuno, vista l’ampia possibilità di scelta, optare non solo per i vini ma per i tanti prodotti gastronomici di alta qualità che nascono e sono lavorati nelle nostre zone.

Auguri!

Giuditta Dina Lagonigro

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