Gravina tu eri Giardino di delizie. Il 2021 ci richiede coraggio per rivedere le stelle

L’ottima posizione geografica di collegamento, la disponibilità dell’acqua e la fertilità del territorio favorirono la presenza dell’uomo sin da tempi remoti in Gravina in Puglia. Nel quinto secolo avanti Cristo fiorirono i rapporti con il mondo greco, la città fu chiamata Sidion e coniava moneta propria: qualche esemplare è custodita nella Fondazione Ettore Pomarici. Nel 456 dopo Cristo Gravina fu annientata dai seguaci di Genserico, re dei Vandali e degli Alani: gli abitanti si rifugiarono nelle grotte che costeggiano il “torrente gravina” dando origine ad una evoluzione urbanistica di assoluto splendore come la Civiltà Rupestre.

            Gravina fu desiderata e contesa proprio per la sua posizione strategica: dopo il massacro dei Saraceni nel 999 divenne feudo dei normanni nel 1069. Unfrido d’Altavilla nell’XI secolo fece costruire, a ridosso della sua abitazione, la Cattedrale di Gravina. Federico II, in carica dal 1220 al 1250, si innamorò di Gravina, definendola “Giardino di delizie”, ne costruì un castello elevandola alla dignità di sede della Curia Generale di Puglia e Basilicata. Carlo II d’Angiò nel 1294 concesse il ripristino dell’antichissima fiera da tenersi nel giorno della festività di San Giorgio.  Nel 1423 divenne feudo degli Orsini fino al 1810. Gli Orsini arricchirono la città di Gravina nel vero senso della parola: ci sono monumenti ed edifici a Gravina ormai diventati unici nel mondo, come la stupenda chiesa di Santa Sofia e tante altre bellezze di cui Gravina vibra di vanto. A questa famiglia appartiene Pier Francesco Orsini elevato al soglio pontificio con il nome di Benedetto XIII. 

            Nell’agosto del 1860 il primo tricolore italiano innalzato in Puglia fu a Gravina ad opera del concittadino illustre Pasquale Pellicciari.  In quegli anni Gravina, ritenuta tra le più ricche città d’Italia, contribuì con 40 milioni di lire alla costruzione, nel nord Italia, di scuole, strade, ferrovie.

            Certo, ai giorni nostri la città di Gravina non è additata per intraprendenza economica e culturale. Ma gode di tanta attrattiva per il paesaggio straordinariamente incantevole e per le bellezze affascinanti dei suoi antichi beni culturali. Necessita con urgenza, unitamente alle altre città del territorio, di scelte politiche-amministrative lungimiranti, di audaci progetti infrastrutturali territoriali (vedi la ferrovia FAL) di collegamento per Bari, Matera e Potenza, di un forte rilancio della sua produzione agricola. E un rifiorir di tanta vivacità culturale.

            Il treno della rinascita post covid-19 passerà da queste parti? Non da altri, ma da noi, solo da noi dipenderà il nuovo corso. Gianni Moramarco sostiene che “… in passato siamo stati capaci di ricavare dalle pietre carsiche spighe di grano pregiato, superando siccità ed eventi bellici. Ora dovremo pensare ad una variante murgiana del virus, superando la crisi pandemica. Formare immediatamente una classe dirigente che abbia progetti e idee innovative oltre la capacità di attualizzare e concretizzare. Dovremo cambiare pagina subito, mandando in soffitta con un colpo solo di scopa quei vecchi della politica e della cultura travestiti da befana. La classe intellettuale se vive ancora batta un colpo, faccia sentire la sua presenza e non abbia paura di proporre o denunciare … “.  

            E chi ce l’ha il coraggio! Esclama qualcuno. “Ma il 2021 ci richiede tanto coraggio per rivedere le stelle”. Buon nuovo anno a tutti.

Michele Gismundo

Scatto di Carlo Centonze

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