Renzo Paternoster: la grotta come casa prima della casa
Dopo aver affrontato il discorso della grotta nell’immaginario collettivo e della grotta come luogo sacro, su questo stesso sito web Algramà, analizziamo brevemente come si arriva alla grotta-casa e perché.
L’uomo preistorico del Paleolitico inferiore utilizza le cavità naturali come rifugio temporaneo per proteggersi sia dalle intemperie sia dall’aggressione di animali. Quello del Neolitico inizia a cercare sistemi per vivere meglio in queste grotte, iniziando ad adattarle artificialmente, ad “addomesticarle”,realizzando una vasta gamma di “architetture in negativo” (lo spazio è creato “togliendo” la materia).
Il trogloditismo conosce il massimo sviluppo nei territori attorno al bacino mediterraneo e nelle zone aride, caratterizzate dalla struttura geologica del terreno, dai rilievi agevolmente lavorabili, dalla natura autoportante della roccia.
La fine delle glaciazioni e il ritorno a condizioni climatiche più temperate, poi, determinano l’abbandono delle abitazioni rupestri, a vantaggio delle capanne e delle prime rudimentali case costruite. È nel Medioevo che si ritornerà a scegliere le grotte come abitazione. Anzi, la “civiltà rupestre” ha conosciuto la sua maggiore diffusione proprio in questa epoca storica, riducendosi pian piano a partire dagli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento.
La scelta di “vivere in “grotta” non può essere considerata di qualità inferiore rispetto a quella di abitare in strutture architettoniche costruite. Essa è stata infatti determinata da particolari condizioni sociali o geografiche e, quindi, ha costituito semplicemente una modalità esistenziale solo distintiva, ma non discriminatoria. Tale affermazione ci porta necessariamente a considerare la “casa-grotta” non come una versione misera e negativa dell’abitazione costruita ma, semplicemente, come condizione abitativa alternativa e più economica.
I nostri avi non erano degli stupidi, conoscevano le opportunità che una grotta può offrire: protegge dai capricci del tempo e dalle variazioni stagionali e giornaliere, poiché la sua conformazione stabilizza le temperature degli ambienti interni, attenuandone le variazioni diurne e stagionali. Infatti, in inverno i raggi sono più obliqui e penetrano gli ipogei in profondità, mentre nella stagione calda il sole più vicino allo zenit colpisce solo gli ingressi lasciando l’interno fresco e umido. Inoltre la grotta e lì e bisogna solo “addomesticarla”.
La casa-grotta può essere naturale o scavata e può avere da uno o più vani, talvolta disposti su più livelli, con vari elementi scolpiti direttamente nella roccia (nicchie, sedili, mangiatoie, camini). La casa-grotta può altresì essere provvista, internamente o esternamente, di cisterne per la raccolta dell’acqua piovana, o di stillicidio, oppure di pozzi per la ricezione dell’acqua di falda.
In generale la casa-grotta può essere al naturale (come nel periodo preistorico), “tamponata” o prolungata all’esterno: nel secondo caso il lato che dà all’esterno è chiuso con una muratura (la palomba), edificata al pari della parete rocciosa, in cui è ricavata la porta d’accesso e una finestra che serve per la luce e il ricambio dell’aria (il sopraluce); nel terzo caso la grotta è ingrandita con un tipo di costruzione che in pratica la prolunga verso l’esterno (il lamione).
Un raggruppamento di case nella roccia identifica un insediamento rupestre.
Renzo Paternoster