Leonessa di Puglia: Cibo, linguaggio di identità

Vocazione interattiva e partecipata, espressione sensoriale di papille gustative, innovazione idiomatica nella storia della gastronomia. Partendo dalla imprescindibile relazione fra natura e cultura, cibo e arte sono da sempre binomio di congiunzione. Inteso come espressione di erudizione di ogni popolo, l’elemento nutrizionale indaga l’era del consumismo attraverso la sua forma artistica, dalle origini all’avvento di nuove tecnologie. Reso sacro nell’Ultima Cena e catecumenizzato alla Mensa Eucaristica, durante il suo viaggio a Brindisi, Orazio, il celebre poeta latino del I secolo a. c., decanta la grandezza e la semplicità del Pane di Altamura (benedizione della natura e consacrazione della fatica umana) definendolo “di gran lungo il più bello”, tanto buono e delizioso “che il viaggiatore se ne fa una provvista”. Anticipandone la attuale e diramante esportazione in tutti i continenti, i Romani (avviliti dalla indigesta vischiosità del pane orzo, successivamente ghiande e argilla nel Medioevo) assurgono a “panis paltinus” il più prezioso fra i frumenti che, ancora oggi, sembra ritrarre l’alveolazione omogenea di una identità territoriale che modella, con i suoi odori e sapori, forme raffinate di nobili tradizioni generazionali dalla mansione relazionale e terapeutica. Processo ordinato di eventi storici, il cibo è cultura quando produce, crea, trasforma e consuma ciò che l’uomo sceglie, ambendo a creare una dimensione simbolica dei propri valori nutrizionali e preferenziali. Considerazione globale di ciò che mangiamo come strumento di espressione culturale, l’identikit del Fungo Cardoncello geolocalizza le proprie origini topografiche nell’Alta Murgia, habitat dell’imbuto più gustoso e poliedrico, sbucato spontaneamente dal terriccio umido, culla di cappello, lamelle e gambo dai colori più variegati e dall’aroma inconfondibile. Grazie alle peculiarità orografiche e geologiche, la subregione della Puglia è l’Altopiano ideale e più vagheggiato dai funghi del sottobosco, germogliati persino su un territorio arido, riarso e assolato come quello murgiano. Facendo ricorso alla ​modernizzazione, anche il Fungo Cardoncello si transgenderizza, includendo i cross-dressing del palato, in un travestitismo (impianti tecnologici e funzionali per ballette) dal ciclo breve e reiterato. Apprezzata sin dall’antichità – le prime tracce risalgono alla Mezzaluna fertile e alla Genesi – è negli anni ’30 che la Lenticchia di Altamura, versatile ed estremamente nutriente, principia la sua ascesa mercantile da uno degli alimenti più consumati dall’uomo, a carne dei poveri, attrazione e presagio di fortune e ricchezze. Dall’opera Naturalis Historia in cui l’autore latino Plinio il Vecchio la cita come alimento dal gran valore nutritivo capace di infondere tranquillità nell’animo, alla smisurata prosperità globale che simboleggia il ciclo di una nuova vita, la Lenticchia di Altamura genera vivaci ed appassionati legami con tutto il mondo, amplificando le sue proprietà antiossidanti tra le piante di lino e cotone nel fondale delle Murge. Immersi nel verde lussureggiante delle transumanze, la monticazione del gregge nel periodo primaverile conduce la nostra sensorialità gustativa ad una antica tradizione culinaria: la Pecora alla Rizzola, occasione autoctona per riscoprire sapori che affondano le radici nel tempo. A rievocare la preparazione di oltre 10 ore di cottura in forno all’interno dell’anfora di terracotta dalla quale prende il nome, la “Sagra della Pecora”, evento organizzato dall’Associazione Algramà nello splendido Giardino del Monastero del Soccorso ogni anno a settembre.

Marina Angelastro

Foto di Carlo Centonze

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