Il Primitivo dalla vigna alla tavola…

La Puglia vitivinicola ormai da molti anni è associata soprattutto al Primitivo, anche se sono emersi altri vini di qualità. È un’identità che si è costruita nel corso del tempo, ma il Primitivo, vitigno a bacca nera col nome scientifico di vitis vinifera Zinfandel, ha una lunga e intricata storia non ancora interamente svelata. Attraverso studi del DNA si è risaliti a un vitigno, il plavac mali (piccolo blu), allevato durante il Medioevo sul versante dalmato della Croazia, da cui poi arrivò in Slovenia, Austria, Germania. Agli inizi dell’ottocento si scoprì che questo vitigno era un incrocio tra il tribidrag, chiamato crljenak kastelanski, molto somigliante al primitivo e il dobricic. Com’è sempre accaduto nella storia dei popoli, anche in questo caso sembra che qualche barbatella sia arrivata in Puglia attraverso esuli croati. L’uva fu chiamata anche Zagarese, con un probabile riferimento a Zagabria. Tante sono le tracce lasciate dal Primativo o Primaticcio che alla fine del 1800 era coltivato maggiormente a Gioia del Colle, ad Acquaviva delle Fonti, Casamassima, Palo del Colle e Bitonto, poi nella provincia di Brindisi e di Lecce (Atlante dei vitigni tradizionali di Puglia).

Probabilmente in quel periodo arrivò anche negli Stati Uniti D’America col nome di Zinfandel. In California oggi quel vitigno occupa il 10% dei vigneti ma si trova anche in Sudafrica e in Australia.

Perché si chiama Primitivo? Secondo studi condotti dal Prof. Musci agli inizi del 1900, don Francesco Filippi Indellicati, di Gioia del Colle, osservando vitigni coltivati senza un particolare ordine, si accorse che un vitigno rendeva di più se coltivato in quelle terre rosse, dando un “prodotto precoce, abbondante e ottimo”; lo chiamò Primitivo, proprio perché era precoce nella maturazione.

In Italia il Primitivo può essere coltivato anche in Abruzzo, Basilicata, Campania, Lazio e Sardegna. In Puglia nel tempo il Primitivo ha dimostrato di esprimersi al meglio, con diversi risultati secondo le zone, le tecniche di produzione e la vinificazione. Rientra quindi in tutte le IGP (Indicazione Geografica Protetta) regionali; in cinque DOP (Denominazione Origine Controllata): Gravina, Primitivo di Manduria, Colline Ioniche Tarantine, Gioia del Colle, Terra d’Otranto; e nella DOCG (Denominazione Origine Controllata e Garantita): Primitivo di Manduria Dolce Naturale.

Il vino Primitivo ha colore rosso rubino intenso ma può anche essere rosato e ha un alto grado alcolico. Il primo ben si abbina a piatti strutturati (salumi, alcuni formaggi stagionati, arrosti, carne di maiale, “ragù misto” col quale si condisce anche la pasta fresca, e selvaggina…); il vino rosato che può essere anche in versione spumante, accompagna bene carni bianche e fritture di pesce.

Il Primitivo dolce naturale di Manduria rientra tra i cosiddetti “vini da meditazione”, cioè da bere in momenti di quiete, da soli o chiacchierando con amici; si sposa felicemente con alcuni formaggi e con pasticceria secca. Per dolci con creme è più indicato il Primitivo di Manduria Liquoroso Dolce.

Nei giorni scorsi si è acceso un animato dibattito tra la Puglia e la Sicilia, che ha “autorizzato l’impianto e la produzione” in regione, della varietà di Primitivo.

Vero è che questo vino genera un enorme giro d’affari, naturalmente grazie all’impegno dei vignaioli. Come però ricordato, anche le viti di Primitivo sono arrivate in Puglia da altri territori, così come anche in Puglia sono coltivati vitigni internazionali quali il Merlot, il Cabernet, vitigni di altre regioni come Sangiovese e Fiano, per esempio…

Non è il momento di “dichiarare guerra” ad alcuno, seppur metaforicamente. Sarà eventualmente il mercato a dare risposte e a stimolare ancor più i già bravi produttori pugliesi. Viviamo in un periodo storico complesso, bisognerebbe far fronte comune per cercare di risollevarsi insieme.

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