Gli uomini che esaltarono la dignità del lavoro: l’altamurano Gennaro Pupillo

          “Compagni è arrivato il momento di soffiare sul fuoco della protesta, di percorrere tutte le strade possibili per ottenere risultati concreti”. Questa fu l’esclamazione di insofferenza pronunciata dal segretario della Camera del Lavoro di Gravina Vito Guida, nel corso di una concitata riunione del direttivo, alla vigilia dei violenti scioperi dei braccianti agricoli che segnarono i primi anni della ricostruzione post-bellica.

            A dire il vero, la frase è stata ricostruita nella commedia “La città del dopoguerra” che andrà in scena al Teatro Mercadante il 7 e l’8 maggio prossimi, per la regia di Michele Mindicini.

          Vito Guida era tornato dal confino politico e fu messo a capo del movimento sindacale gravinese. Fu definito “grande artefice sobillatore” delle masse dalle forze dell’ordine.

          La figura del sindacalista dei rioni popolari di Gravina riaffiora in occasione della ricorrenza, il 2 agosto prossimo, dei cento anni dall’assalto dei fascisti di Caradonna alla sede della Camera del Lavoro di Bari vecchia. La sede venne difesa personalmente con le armi da Giuseppe Di Vittorio, che era segretario di quella Camera, con l’aiuto degli attivisti politici e dei cittadini baresi. E’stato dato il bel titolo di “Anime resistenti” al comitato promotore per le celebrazioni del centenario Anche Giuseppe Di Vittorio aveva vissuto l’esperienza del confino per motivi politici.

          Le Camere del Lavoro sorsero alla fine dell’Ottocento per difendere i diritti degli operai del Nord Italia dallo sfruttamento e dalla disoccupazione in un periodo di forte crisi economica. Tuttavia alla tutela degli interessi salariali si aggiunse presto l’obiettivo della lotta di classe. Furono soppresse nel 1926 durante il regime fascista e ripristinate nel 1943, dapprima associate alla CGIL e, successivamente, alle varie organizzazioni sindacali.

          La Camera del lavoro è un’organizzazione a base territoriale che tra l’altro, secondo l’art.10 dello statuto della CGIL, “promuove e tiene viva una qualificata iniziativa dell’organizzazione sindacale nel suo complesso, con particolare riguardo ai problemi generali dello sviluppo economico e del miglioramento delle condizioni di vita della popolazione lavoratrice”.

          L’azione sindacale è stata nel dopoguerra particolarmente vivace e combattiva. Ma non solo. Essa ha portato alla ribalta personalità di rilievo, accomunate dall’estrazione sociale di matrice popolare, le cui caratteristiche di passione politica e spirito di servizio a vantaggio delle classi sociali svantaggiate hanno costituito i loro fattori di forza.

          La Camera del Lavoro di Altamura fu guidata in quel periodo – esattamente dal 15 ottobre 1947 al 10 marzo 1952 – da Gennaro Pupillo, che sviluppò una ammirevole carriera personale sia in ambito sindacale che in quello politico, fino alla candidatura al Parlamento agli inizi degli anni settanta nelle liste del PCI.

          Ma, fatto salvo Il ruolo esercitato nelle cariche di partito e di rappresentanza politica, colpisce il fatto che Pupillo ha impresso al movimento sindacale di Altamura dopo la fine della guerra un’impronta modernizzatrice, volta alla promozione di un salto di qualità per la categoria dei contadini, mediante lo stimolo all’associazionismo e alla cooperazione. Tale impostazione è molto probabilmente all’origine dell’opinione comune secondo la quale ad Altamura nel dopoguerra prevalse l’atteggiamento moderato della piccola proprietà terriera rispetto alla visione battagliera del bracciantato agricolo degli altri comuni pugliesi.

          In comune con Di Vittorio Gennaro Pupillo aveva l’estrazione sociale – nato da padre bracciante agricolo e da madre casalinga – e la fede politica, essendo stato prima seguace dell’idea socialista ereditata dal genitore e poi militante nel partito comunista dal 1947.

            L’accostamento al grande sindacalista si fa più evidente a motivo dell’esperienza vissuta come pastorello della Murgia dall’età di quattordici anni ai diciassette. Chiamato alle armi nel 1941, nella campagna d’Africa, fu prigioniero di guerra in Inghilterra dal 1942 al 1946. In un paio d’anni divenne dirigente del movimento contadino e responsabile locale della Federbraccianti.

          Anche ad Altamura fu indetto nel 1947 uno sciopero di diverse giornate rimasto nella memoria collettiva come protesta oltranzista contro lo strapotere della classe agraria, sciopero che si concluse con l’accordo sul collocamento di tutti i braccianti di Altamura per molti mesi all’anno.

          Come negli altri comuni pugliesi, l’operazione fu realizzata da un apposito comitato di agitazione formato da sindacalisti e da politici; essa fu eseguita con la formazione di blocchi stradali, che degenerarono in molti casi in episodi di intemperanze e violenze a danno di quanti avevano in mente di forzare quelle barriere. Venne attuata anche l’occupazione delle terre che, peraltro, non registrò gli eccessi verificatisi a Gravina e a Matera. La proprietà nel comprensorio altamurano era concentrata in poche grandi famiglie, molte residenti altrove, come i Conti Sabini.

          Ecco la svolta. Quando Gennaro iniziò a fare il sindacalista, gli associati erano tutti braccianti. In seguito, nel 1953, fu costituita l’Associazione dei produttori agricoli, aderente alla Federterra, la cui maggioranza era rappresentata da fittavoli e piccoli coltivatori diretti, gli uni e gli altri emersi come conseguenza della riforma fondiaria del 1950 che, con l’esproprio delle terre dei proprietari assenteisti, provocò l’espulsione di numerosi piccoli fittavoli e l’assegnazione dei terreni con criteri di favoritismo politico.

          Anche se non furono evitate le lotte violente e gli arresti dei più scalmanati, Gennaro Pupillo fece parte di quel gruppo di dirigenti che seppe mantenere i lavoratori entro i confini della legalità, favorendone per ciò stesso il riscatto sociale. In particolare, riuscì a far superare la visione ribellistica tipica di quei tempi.

          I rappresentanti sindacali delle nostre città erano uomini senza titoli di studio ma che si erano fortificati nella dura esperienza della guerra e dell’esilio politico, diventata per essi un’opportunità per la propria crescita culturale. Dimostrarono elevate capacità e forte determinazione nel perseguimento del miglioramento delle condizioni lavorative e del tenore di vita delle classi sociali più deboli.

Giuseppe Marrulli

NOTE

Le informazioni su Gennaro Pupillo sono state riprese dalla pubblicazione “In memoria di nostro padre, Grafica&Stampa Altamura 2010”, curata dal prof. Giuseppe Pupillo, consultabile presso l’ABMC di Altamura.

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