La Grotta di San Michele a Minervino Murge, il “balcone della Puglia” (Con video)
La via micaelica murgiana ci porta oggi a Minervino Murge, piccolo comune pugliese compreso nella provincia B.A.T.(Barletta-Andria-Trani). La cittadina rientra nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia ed è collocata sull’ultimo gradino calcareo dell’altopiano, con affaccio sul bacino dell’Ofanto. La sua posizione elevata consente una meravigliosa visuale sulla Fossa Premurgiana, sulle colline e sulle montagne dell’Appennino Lucano tra le quali si intravede in lontananza la forma del Vulture. Si comprende così il perché dell’appellativo di “balcone della Puglia”.
Ai piedi di Minervino, nel letto scavato dall’antico torrente Matitani – cioé nel vallone di San Michele – sono stati rinvenuti diversi reperti archeologici risalenti al VII secolo a.C. La Grotta è stata creata dall’erosione dell’acqua piovana. La più antica testimonianza scritta del sito è contenuta in una pergamena custodita nel Monastero di Montecassino, nella quale si legge che nell’anno Mille furono restituite all’Abbazia diverse proprietà che la stessa vantava da tempi remoti, in particolare una “spelonca” “ in pertinentiis de civitate Minervine” dov’era alloggiata all’epoca la Chiesa di San Salvatore.
Non si conosce di preciso quando la Grotta fu consacrata al culto di San Michele, Patrono di Minervino insieme alla Madonna del Sabato. Comunque nel Seicento l’esistenza del culto micaelico è dimostrata dalla Perizia di Onofrio Tango effettuata per la vendita del feudo alla famiglia Tuttavilla di Calabritto (1668) e dalle visite pastorali. Nella visita pastorale del 1732 la Grotta viene nominata come “Chiesa del Glorioso Protettore San Michele Arcangelo” e si fa cenno all’Eremita di San Michele che si prende cura del luogo. Ecco perché esiste una piccola abitazione, costruita accanto all’ingresso della Grotta, avente all’origine la funzione di dormitorio. Il sito risulta rimaneggiato in epoche diverse. Risale alla fine dell’800 l’ingresso neoclassico, in cima al quale si legge il motto micaelico “Quis ut Deus” gridato, come noto, dall’Arcangelo a Lucifero nell’atto di scacciarlo dal Regno dei Cieli.
In realtà l’ingresso vero e proprio alla Grotta – dopo aver attraversato un corridoio dalla volta affrescata con l’immagine dell’Arcangelo – è costituito da una voragine che si apre nel terreno a cielo aperto. Da qui si diparte la scalinata che copre ben 20 metri di dislivello. Al termine della scalinata, composta di gradini di colore giallo-rossiccio, si presentano quattro colonnine di stile architettonico diverso a racchiudere un’area quadrata che richiama l’idea di un antico ciborio. Al centro domina l’Altare in breccia corallina sul quale è collocata la statua in pietra chiara di San Michele Arcangelo. Dietro l’Altare, affianco all’accesso a un antro più piccolo, una colonnina cava raccoglie le gocce dell’acqua che scendono dalla roccia. Da questa colonna l’Eremita dispensava l’acqua dell’Arcangelo ai fedeli.
Giuseppe Marrulli