Petilia e Altilia: dai toponimi ad “ALTAMURA” in the World

ALTAMURA CHI SEI?  Il più antico documento cartaceo che mostra le vie militari dell’impero romano (Tabula Peutingeriana) precorre ed anticipa i toponimi Petilia e Altilia, prima dell’insediamento fonetico del nome Altamura, etimologicamente intesa come la città che domina le colline dell’Altopiano murgiano, a circa 480 metri di altitudine. In orografia, protesa fra Parco Nazionale e doline carsiche, la città dal clima submediterraneo che attualmente annovera 70.563 abitanti, è meta di itinerari escursionistici della più abbacinante e poliedrica personalità il cui Regno (operosità legislativa moralizzatrice dalla veemente mutazione artistica e culturale), ambisce all’unificazione di popoli e terre: l’Imperatore Federico II di Svevia, definito Stupor Mundi per la sua inesauribile ed inestinguibile ambizione intellettuale. 

Nella visita del 1232 erige la splendida e trionfale Basilica dedicata a Maria Assunta, oggi elemento attrattivo dalla facciata imponente e da guglie e cuspidi che dominano il centro storico di Altamura. Divenuta feudo di molteplici famiglie nobiliari e assoggettata a diaspore storiche insurrezionali dal 1232 al 1799, la città vive profonde controversie giurisdizionali fino alla congiunzione con la Repubblica Napoletana. 

Grazie all’intuizione dell’arciprete Marcello Papiniano Cusani che anticipa una spiccata propensione verso la capitalizzazione di fondi a favore dell’erudizione, nel 1748 Carlo VII di Borbone fonda (presso il Palazzo Prelatizio contiguo alla Cattedrale) la più ardua ed ostica progettualità di affermazione formativa, fra le prime in assoluto in tutta Italia: l’Università degli Studi di Altamura, unico Ateneo del Meridione. Pur non conferendo gradi di dottorato, lo scenario pedagogico della denominata “Atene di Puglia” annovera insegnamenti di diritto ecclesiastico, teologia, geometria, fisica, matematica, agronomia, chimica, mineralogia, botanica, greco, latino, ebraico e medicina.  Nonostante le oblazioni religiose, purtroppo, a causa di emorragie economiche e finanziarie che ne riducono la proposta didattica, nel 1811 l’Università di Altamura estingue l’irreprensibilità di Docenti e seminari, chiudendo e sotterrando ogni ufficializzazione di prosecuzione dottrinale. 

La acclamata pellicola editoriale di una storia (quella di Altamura) che intendo proseguire a puntate smuove, a tratti profondi, una riflessione anticipata dal Fondatore di AlgraMà, in occasione della sua inaugurazione. Intellettuale austero, sapiente e, per alcuni tratti, rivoluzionario di altri tempi, l’avvocato Gianni Moramarco anela, nel suo proemio, ad un sogno: riaprire quella stessa Università, un tempo chiusa e sospesa nel suo fervore. Leader anticonformista, mappa concettuale di un rinnovato Illuminismo, ben distante dalle inflessibili omologazioni comportamentali e di pensiero, amato e lodato da noi Redattori, erige una Associazione di “Coltivatori di Menti”, espressione di un’anima forse estinta che in AlGraMà, come nella “Atena di Puglia”, trova ancora riparo.    

Marina Angelastro   

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