Da Montedoro alle Macchie*
Giuseppe Bolognese
Amici di AlGraMà,
questa corrispondenza vi giunge da contrade vicinissime, dopo la Lettera dalla America del mese scorso; i Sette Colli e la Lupa capitolina di Cincinnati, la Queen City della valle dell’Ohio, conservano un fascino connaturato alla atmosfera del Midwest, ma oggi scrivo dalla Meridiana nostrana: scrivo da Le Macchie, dove mi trovo per un soggiorno di restauro delle funzioni motorie, accolto in maniera assolutamente gioviale e rassicurante dal dott. Papeo e introdotto alle sedute di riabilitazione da fisioterapiste congeniali. Mi sono sùbito sentito a mio agio nelle mani sapienti di Annarita, Ornella, Annapaola: chi bene inizia…
Sono reduce da altro soggiorno, breve, nell’opificio vulcanico di Località Montedoro… mi accorgo di avere già abusato della tua pazienza, lettore, quindi traduco: scrivo da Santo Spirito, zona Le Macchie, ospite di un centro di fisioterapia funzionale, dopo un intervento all’anca sbilenca la settimana scorsa nell’Ospedale della Murgia, sito in Località Montedoro, per intenderci: con esito che è riduttivo definire perfetto. Fabio Perinei, mio compagno di tante “uscite” degli scout dell’ASCI – eravamo entrambi capisquadriglia – sarà ben lieto della buona azione (secondo l’impegno quotidiano dello scout) largitami dai medici davvero straordinari della Unità Operativa di Ortopedia e Traumatologia del nosocomio regionale che lo ricorda.
Uno scout sciancato rimane uno scout, ma uno sciancato rettificato con protesi e rieducato alla funzionalità pristina è un miracolato. Bisogna crederci, avere piena fiducia nei professionisti che giurano fedeltà a Ippocrate ma sono scrutinati ogni giorno per disagi che con la Medicina c’entrano come i cavoli a colazione.
È opportuno spiegare ora l’uso della frase “opificio vulcanico”. Mi riferivo al ricordo pulsante della posa in opera della protesi alla mia anca. Il dott. Gaudio, solerte e compitissimo anestesista, mi ha rassicurato durante l’intera durata dell’intervento: monitorava l’efficacia dell’anestesia spinale e non è mancata l’occasione per qualche battuta di spirito, mentre alle mie spalle “sudavano fochi a preparar metalli” ed ero in grado di ascoltare ben assestati colpi di mazza, risucchiar di trapano, sega, scalpello e tutto quanto conviene alla più impegnativa delle opere nella fucina di Efesto – il Vulcano nostrano. Ho persino immaginato una scena simile alla preparazione delle armi di Achille: avrebbe mai potuto Efesto deludere cotanta committente? Infatti la richiesta di tale mirabile opera veniva da Teti, madre di Achille, capace di trasformarsi in serpente, leone e fuoco… fidiamoci di Omero.
Nella fattispecie chirurgica (“arte della mano”, ricordiamo, dove arte include poteri magici) il dott. Mori e i suoi assistenti si sono prodigati nell’impresa, completandola con evidente autosoddisfazione. È il privilegio del faber magister, e di tutta la scena (da me non veduta, ci mancherebbe, sono sempre stato “coniglio”) ho percepito solo i suoni, e mi è venuto spontaneo l’accostamento con il “miglior fabbro del parlar materno”. È la migliore definizione dell’arte della parola che io conosca, e si basa appunto sul concetto del fabbro che crea, forgia sagome e suoni che a loro volta creano immagini, sensazioni, azioni. E qui non basta dire “parola di Dante”, perché nella definizione – riferita al massimo poeta d’amore provenzale, Arnaut Daniel, Dante fa dire al Guinizzelli ciò che il mondo avrebbe detto e continua a dire di Dante stesso.
La serie “di bene in meglio” è particolarmente gradita quando il meglio è del tutto inaspettato, come il lagniappe creolo a New Orleans, pari a una mancia, un buonpeso molto gradito. L’unità operativa di Ostetricia e Ginecologia del Perinei è guidata oggi dal dott. Lonero Baldassarra, amico mio e non della ventura. La sua visionedel futuro della Ginecologia al Perinei è molto lungimirante, certamente volta ad orizzonti oggi non accessibili alle pazienti del nostro Mezzogiorno. Mi è stato largo di consigli e amabile sostegno durante il soggiorno al Quarto Piano (Ostetricia è al Quinto) e non è il caso di indugiare sul valore dell’amicizia quando, nel disagio, ci si sente soli, “col cuore trafitto da un raggio di sole”.
Per assurdo, dirò che più dell’amico mi interessa la memoria del suo bisnonno paterno, quel Filippo Baldassarra (1857-1934) al quale gli altamurani debbono molto più di quanto possano immaginare. Da piccolo, ascoltavo spesso i racconti delle gesta di don Filippo ripetuti da mia Nonna Chiara Reale, diplomata alla Scuola speciale di Ostetricia di Portici, che aveva circa venti anni meno di lui e diventò la sua levatrice di riferimento. Don Filippo si era laureato a Napoli e specializzato proprio nella Scuola di Portici; a lui si deve il primo parto cesareo in Puglia; a lui la trasformazione di un ospizio di mendicità (San Pasquale) nel migliore ospedale della Provincia (Ospedale Umberto I, lo diresse per quarant’anni), a lui e a Vincenzo Striccoli la costruzione del Teatro Mercadante in meno di sei mesi nel 1895: per onorare il nostro massimo musicista, certo, ma soprattutto per sfamare le famiglie durante la gravissima crisi economica che colpì la capitale e la Nazione proprio nell’ultimo quinquennio dell’Ottocento. Quale garante, grazie al prestigio riconosciutogli, fu anche co-fondatore della Banca Popolare. I meriti di Filippo Baldassarra e di altri nostri eroi del benessere comune vanno additati ai posteri in maniera organica, ma spetta a noi impegnarci in prima persona e impegnare le Autorità competenti affinché la memoria da tramandare, già molto debole, non evapori nell’urna delle buone intenzioni.
*Ringrazio di cuore Raffaele Difonzo per la puntuale consulenza toponomastica