Messaggio dell’ArciVescovo per il Natale 2018

«DIEDE ALLA LUCE…, LO AVVOLSE IN FASCE

E LO ADAGIÒ…» (Lc 2, 7)

Sorelle e fratelli carissimi, donne e uomini di buona volontà,

vi scrivo questo Messaggio per il Natale, ormai alle porte, in questa terza domenica di Avvento, giorno in cui – per provvidenziale coincidenza – ha inizio la Novena in preparazione alla festa, la cui bellezza attrae non solo noi cristiani, ma il mondo intero.

I presepi, con la mangiatoia ancora vuota, i pastori addormentati, l’angelo pronto a svegliarli e i Magi ancora lontani, fanno già bella mostra di sé nelle case e nelle scuole, negli ospedali e nei centri per i diversamente abili e gli anziani, nelle piazze e nelle strade, nei negozi e nei centri commerciali, per attirare i nostri sguardi e aprire i nostri occhi davanti allo stupore di una storia mai raccontata prima.

Mai, mai, sino a quella notte di Betlem e al silenzio che l’avvolgeva, si era sentito che Dio era lì, nel vagito di un bambino nato da una donna; che la sete di Dio di ogni creatura umana si estingueva nel sorriso e nelle lacrime di un neonato; che il desiderio di vederLo si realizzava nel mettere gli occhi negli occhi di un bimbo; che dal cielo pioveva amore e che la terra si apriva per germinare la pace!

Scrivo queste parole e mi vado chiedendo – e lo chiedo anche a ciascuno di voi – se sia questo il Natale che stiamo aspettando, pur constatando con una certa delusione la distanza tra questa avvincente narrazione e una certa incapacità di sgranare i nostri occhi, come quando – da bambini – chiedevamo ai nostri genitori o ai nostri nonni di raccontarci una storia.

Il Natale cristiano sembra essere svanito, a volte, dentro un esagerato rutilare di luci, in una logica consumistica e vacanziera, in effimeri sentimentalismi di bontà, in lettere e letterine ad un Babbo Natale inventato per soddisfare desideri più o meno realizzabili.

Ma in questi giorni, purtroppo, le guerre e le violenze incendiano e insanguinano tanti Paesi; milioni di bambini, di donne e di uomini continuano a morire di fame; le relazioni tra i popoli sono impedite da muri e reticolati; questa nostra madre terra, sempre più violentata, sembra una sequenza di eventi drammatici ogni giorno sotto i nostri occhi.

Non possiamo cedere al pessimismo e alla rassegnazione, per consolarci poi con il vivere un falso Natale; non possiamo continuare a camminare nel buio e nell’oscurità, chiudendo i nostri occhi davanti al grido dei poveri e alle lacrime dei disperati; non possiamo non tendere le braccia a chi domanda aiuto!

Il significato più autentico di questa festa sarà, allora, nella capacità di leggere, oggi, in questa nostra storia, quella straordinaria lettera di amore che Dio ha scritto nell’evento dell’incarnazione del Suo Figlio Gesù. Quando la Parola, che non conosce i limiti del tempo e dello spazio, si è rivestita di “carne”, si è fatta tempo e spazio, vita e morte, sorriso e dolore, compagnia straordinaria sulla strada dei poveri, degli op-pressi, di coloro che attendono una liberazione e una parola di speranza.

Sarà Natale, se anche noi sapremo generare e “dare alla luce” Colui che ha detto di sé: Io sono la Vita, Io sono la Luce! Se, invece di imprecare alle tenebre, troveremo il coraggio di accendere una fiamma, nell’annuncio della gioia del Vangelo, e di andare incontro al Signore e ai fratelli “con le lampade accese”.

Sarà Natale, se ci arrenderemo finalmente alla carezza di Dio, che in quel Bambino Gesù, “avvolto in fasce” dalle mani delicate di Maria, continua a sussurrarci che è ve-nuto ormai il tempo di prenderci cura – con gesti e parole di tenerezza – di coloro che, in qualche modo e per qualche motivo, hanno il “cuore spezzato”, per fasciarne le piaghe. Fermeremo, così, questa assurda emorragia di umanità, di com-passione e di accoglienza, per raccogliere e soccorrere in questo mare tragico dell’umanità quan-ti rischiano di naufragare.

Sarà Natale, se “sapremo adagiare” amorevolmente il Bambino Gesù nella nostra esistenza e nel cuore di quanti incontriamo ogni giorno sulle nostre strade, nelle scomode mangiatoie della vita. Perché è in una mangiatoia che Maria ha adagiato il Figlio appena uscito dal suo grembo e lì il Signore s’è trovato a suo agio; perché, dove il cuore della creatura umana si fa mangiatoia, lì Il Signore rinasce e fa rinascere!

Incamminiamoci, dunque, verso Betlemme; ma, ritornando sulle strade della quo-tidianità, come i pastori, sentiamo la gioia di comunicare che davvero Gesù è il Salva-tore dell’umanità.

Ci accompagni in questo cammino la Vergine Maria, Madre di Dio e Madre nostra!

Santa Natività del Signore e auguri per il nuovo anno, con un grande abbraccio ed una speciale benedizione!

Altamura, 16 dicembre 2018, 3a domenica di Avvento

Vostro

Giovanni, vescovo

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