Civiltà rupestri: la grotta nell’immaginario

Il nostro territorio ha conosciuto quella umile e onorabile esistenza che ha dato vita alla sorprendente civiltà rupestre. Nello spirito associativo di AlGraMà, di “valorizzazione della natura, delle tradizioni, delle arti e della storia del territorio murgiano”, credo sia utile riscoprire questa importante “civiltà delle grotte”, luogo di nascita e di rinascita dei nostri progenitori.

Questo è il primo di quattro brevissimi saggi in cui si scrive della meravigliosa civiltà rupestre. Quattro mini capitoli che affronteranno altrettanti temi: la grotta nell’immaginario, la grotta come “sorgente” spirituale, la grotta come casa prima della casa, vivere nella grotta.

La grotta nell’immaginario collettivo rappresenta un luogo misterioso, uno spazio “vuoto” e “pieno”. Anche il genio Leonardo da Vinci desiderava afferrare lo spazio misterico della grotta, perché luogo naturale di stupefazione, che suscita «paura e desiderio: paura per la minacciosa e oscura spilonca, desiderio, per vedere se là entro fusse alcuna miracolosa cosa». [Trattato della Pittura, 1498 c.a.]

Oltre a essere un luogo fisico, un sorprendente grembo della natura, la grotta ha impresso un intreccio metaforico degli spazi, dei tempi e dei modi mentali che riportano alla doppiezza del “dentro e fuori”.

Nella caverna non esiste tempo, la notte e il giorno non si inseguono e sono entrambi dominati dall’ambiente. Per questo, nella maggior parte delle tradizioni create dagli uomini, la grotta è assimilata al Cosmo, lo spazio della nascita o della rinascita: il selciato corrisponde alla terra, la volta al cielo, e se in alto vi fosse un’apertura, questa rappresenterebbe «l’occhio della volta cosmica». [René Guénon, Symboles fondamentaux de la Science sacrée, 1962].

Nella filosofia greca la grotta è considerata come metafora del mondo materiale. Nel “mito della caverna”, Platone la identifica come il mondo dell’ignoranza, in cui le anime degli uomini sono imprigionate e percepiscono la luce riflessa di una realtà raggiungibile solo attraverso la mente e lo spirito. La caverna e il proiettarsi delle ombre rappresentano dunque il mondo dell’apparenza, da cui l’anima deve ascendere per contemplare il mondo intelligibile delle forme conosciute dalla ragione[La Repubblica, tra il 390 e il 360 a.C.].

In psicologia la grotta, con i suoi limiti invisibili, è il simbolo dell’inconscio e dei suoi pericoli; calarsi al suo interno rappresenta l’esplorazione dell’io interiore. Diceva Kahlil Gibran, intellettuale poliedrico di origini libanesi, «Lo spirito addolorato trova pace nella solitudine. Rifugge dalla gente, come un cervo ferito diserta il gregge e vive in una grotta fino alla guarigione o alla morte» [Le ali spezzate, 1912].

La grotta è considerata dallo storico delle religioni Mircea Eliade (1907-1986) la materializzazione del regressus ad uterum: la cavità materna richiama assieme la nascita e la protezione massima che ognuno di noi ha sperimentato nell’utero materno.

Entrare nella grotta significa dunque far ritorno simbolicamente alle origini, entrare nel Cosmo immaginario, riscoprire se stessi.

Queste rappresentazioni sono probabilmente all’origine degli antichi riti di iniziazione e di rinascita: nella grotta si compie il rito di passaggio attraverso la prova dell’incontro con i pericoli che essa nasconde (ad esempio iniziazione), nella grotta si realizza un’esperienza mistica di una morte simbolica (ad esempio fenomeno dell’eremitismo), nella grotta si cerca l’incontro con il trascendente per una nuova rinascita rigenerata (ad esempio diffusione della tradizione monastica basiliana). Nella grotta è iniziata l’evoluzione della specie umana.

Le grotte sono enigmi sorprendenti dai quali l’uomo non deve allontanarsi troppo.

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