La tavola delle feste natalizie tra leggenda e tradizione

Il Natale è per tutti, o quasi, la festa del cuore. L’evento della nascita di Gesù Bambino è anticipato da un lungo periodo di celebrazioni in chiesa, cominciando dalla festa dell’Immacolata, che coincide con un’altrettanta lunga fase dedicata alla programmazione degli incontri tra amici e colleghi fino alla pianificazione dei luculliani banchetti in famiglia. Protagonista esclusivo di questi gioiosi momenti è il cibo, anche se in una sola parola sono comprese molteplici preparazioni salate e dolci.

            In moltissime case di pugliesi, ma non solo, i grandi lavori iniziano qualche giorno prima dell’Immacolata, per preparare il pasticcio o calzone di cipolle sponsali, baccalà acciughe dissalate, olive nere e verdi… Bisogna quindi avviare per tempo l’impasto con la semola rimacinata, deve lievitare a lungo affinché sia digeribile, mettere a bagno il baccalà, le cipolle che sono tanto buone quanto lacrimevoli da pulire, lavare prima con acqua e poi con vino le alici salate… Insomma una lunga e laboriosa organizzazione che però darà un gustosissimo risultato.

            Guai a dimenticare le pettole, che in buona sostanza sono palline di pasta lievitata e poi fritte; rappresentano un altro simbolo che non può mancare sulle tavole, al naturale, con aggiunta di alici o nella versione dolce, con vincotto o zucchero semolato. Le pettole, che cambiano nome secondo le varie zone, durante la frittura assumono strane forme e non c’è bambino che non sia stato e non sia chiamato a scegliere un nome, un profilo, un ‘identità alla pettola che prende forma sfrigolando.

            C’è una leggenda che si perpetua attraverso fonti legate alla tradizione orale, secondo cui le pettole sono nate in seguito alla distrazione, dovuta ad altre faccende in cui era occupata, una donna che aveva impastato e messo a lievitare la massa per fare il pane.

 A Taranto si racconta che la pia donna nel giorno di Santa Cecilia si era affacciata per seguire le prediche di San Francesco d’Assisi, quando, nel 1210 circa, cecava di evangelizzare la città. In un diverso racconto si narra che un’altra signora, dopo aver impastato con vigoria la massa del pane da infornare alle tre di notte, fu distolta da un gran vociare, da suoni e canti che provenivano dall’esterno, che invocavano il Redentore neonato. Coprì l’impasto per farlo lievitare, si ammantò al meglio e seguì i pastori che, attratti da un punto luminoso giunsero davanti a una grotta, laddove s’inginocchiarono per adorare il Bambin Gesù. Entrambe le donne, tornando a casa, si accorsero con grande disperazione, che la massa aveva superato il tempo di lievitazione. Era diventata morbida, difficilmente lavorabile, in pratica, inutilizzabile per fare il pane, con la conseguenza di non poter più sfamare figli e marito.  La signora di Taranto decise di formare piccole sfere, friggerle e poi aggiungere zucchero e cannella per accontentare i bambini, mentre per il marito pescatore che rientrava dal mare inserì le alici. (Fonte madeintaranto.org).

            La signora di un’altra non meglio identificata zona, altrettanto disperata cominciò a urlare pentendosi di essere andata a salutare il Bambinello. I vicini di casa, redarguendola per la mancanza di fede, le offrirono olio nuovo che messo sul fuoco diventò bollente e accolse i piccoli pezzi di pasta che si trasformarono in morbide, gonfie, croccanti frittelle dalle mille forme. Da allora la pettola è considerata il regalo di Gesù Bambino ai poveri. (Tratto da un racconto di Bianca Tragni).

            Altro grande prodotto della pasticceria casalinga-artigianale sono le “cartellate”. Anche in questo caso i nomi possono variare di poco, secondo le zone.

            Gli ingredienti di base sono farina, olio e zucchero, vincotto, miele, c’è chi aggiunge uova, chi un po’ di lievito. Come sempre accade, le ricette, soprattutto quelle popolari, non sono codificate, ogni famiglia conserva i suoi segreti…Le cartellate possono essere a forma di fiocco o di rosa, si preparano in largo anticipo perché, golosi permettendo, si possono conservare per tutto il periodo delle festività.

Anche le cartellate hanno una storia che si perde nella leggenda.

            Si narra, infatti, che la loro forma ricordi le fasce che avvolsero Gesù Bambino, forse anche un segno di premonizione riferito alla corona di spine che avrebbe avvolto il capo di Gesù Crocifisso. 

Più profanamente si può pensare alle lunghe chiacchierate che le donne, ma anche gli uomini, fanno durante i preparativi.

            Non tralasciamo i mustaccioli che si preparano in varie regioni d’Italia e di cui si trovano tracce nel De Agricoltura di Catone. Mustacei era il loro nome che chiaramente deriva da uno degli elementi principali, il mosto che amalgama gli altri ingredienti: farina, zucchero, uova, latte, olio, cannella, limone, uvetta, buccia d’arancia, cioccolato… Erano dolci donati agli ospiti in partenza, per addolcire le fatiche del viaggio. Questi sono solo alcuni esempi del tripudio di colori e sapori che allieteranno le tavole dei giorni di festa.

            L’augurio è che siano giorni gioiosi, da trascorrere con amici e parenti, ricordando, anche attraverso il cibo della tradizione, chi non è più presente fisicamente ma che ci accompagna persino con il lascito di una vecchia ricetta.

            Ancora più sereno e dolce sarà il dì di festa se lo condivideremo con chi è solo.

Buon Natale!

Giuditta Dina Lagonigro

One thought on “La tavola delle feste natalizie tra leggenda e tradizione

  • 21 Dicembre 2021 in 16:56
    Permalink

    Bellussimo grazie

I commenti sono chiusi.

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