Un bandista degli anni Ottanta, il clarinettista Nicola Manfredi, si racconta nel libro MESTIERI E SOCIETA’

Gli autori del libro MESTIERI E SOCIETA’ Michele Gismundo e Giuseppe Marrulli hanno intervistato un bandista gravinese degli anni Ottanta, il clarinettista Nicola Manfredi, che con la sua storia bandistica rappresenta un prezioso contributo alla comprensione della società del Novecento e ai mestieri esercitati in quegli anni, uno spaccato di un mondo musicale  di tutto rispetto come quello dei “Nomadi del pentagramma” – titolo utilizzato in un libro di Bianca Tragni – che con la banda da giro hanno conosciuto molte piazze dell’Italia meridionale. La Banda musicale, infatti, rimane fiore all’occhiello dell’identità culturale dei pugliesi.  

                Il libro è stato stampato dalla Tipografia Centrostampa di Matera nell’ottobre 2023 ed è arricchito di illustrazioni realizzate dall’artista Marilena Paternoster. Estrapoliamo dal volume IL BANDISTA, u banniste:

                “La storica banda di Terlizzi risalente al 1829 era costituita da 27 suonatori: 5 calzolai, 5 proprietari, 4 barbieri, 4 falegnami, 3 contadini, 1 mugnaio, 1 tagliapietre, 1 ortolano, 1 funaio, 1 sarto e un ragazzino di tredici anni.1 Questa osservazione conferma la connotazione social-popolare delle bande, dove è fortemente rappresentato il legame tra l’artigianato e la musica; la presenza di proprietari nella compagine dimostra altresì che i bandisti dovevano avere una certa capacità di autofinanziamento, necessaria quando era assente il sostegno di natura pubblica.        

                La città di Gravina in Puglia vanta un’antica tradizione in fatto di bande e in quanto a numero di musicisti. Tuttavia le bande gravinesi hanno avuto alterne vicende di successo e di declino, forse proprio a causa di questioni finanziarie e dell’insufficiente sensibilità dimostrata dai mecenati e dagli amministratori pubblici. Non va dimenticato che nei difficili anni del dopoguerra, negli anni cinquanta, il rilievo culturale ed economico – sociale della cittadina pugliese era alimentato, tra l’altro, dalla presenza della sede vescovile, dal Silos granario inaugurato negli anni trenta, dal Cinema Centrone in stile liberty con duemila posti, dallo storico Teatro Mastrogiacomo, dall’Ospedale civile Santa Maria del Piede servito dalle suore e dalla banda musicale da giro. Tutto questo patrimonio ha cessato di esistere, quella società ha cessato di esistere. Ma la banda c’è, ridotta, rinnovata ma ancora c’è. La sua funzione era di andare in giro a suonare nelle feste religiose, accompagnare le processioni e i cortei funebri, tenere concerti all’aperto nelle piazze e nella villa comunale, sistemandosi nelle appariscenti cassarmoniche cariche di luci e di decori, dalle quali i musicisti diffondevano al popolo marce, sinfonie e le più note arie tratte dalle opere liriche.

                Il mestiere di bandista, u’ banniste, non era privo di disagi. Bisognava svegliarsi all’alba perché il giro del paese con la banda iniziava molto presto. I festaioli volevano far risuonare la banda fin dentro le stanze all’ultimo piano dei palazzi per non scontentare nessuno, e il comitato feste pretendeva che la banda arrivasse fino all’ultima casa della periferia cittadina. A mezzogiorno i bandisti forestieri si ritrovavano nell’alloggio a loro riservato per l’occasione, cucinavano un primo piatto sui fornelli e, alla fine, lavavano i piatti. I bandisti più anziani si riposavano sulle brandine. Ognuno di loro, ben lustrato, con al seguito il proprio strumento, doveva raggiungere con puntualità la chiesa del Santo Patrono, per l’uscita della processione. Finite le funzioni religiose il capobanda raccomandava: la fila per cinque, e non coprite gli altri, i clarinetti davanti, suonate Mosè, Mosè. Quest’ultima era la marcia del Mosè d’Egitto di Gioacchino Rossini, che faceva sempre un certo effetto, all’uscita del Santo dalla chiesa. E subito dopo veniva eseguito il famoso canto religioso Noi vogliam Dio, un inno religioso emozionante e di tradizione popolare per far contente le pie donne e non solo.

                Dopo un lungo giro il Santo rientrava in chiesa. La festa si concludeva con il concerto in piazza intorno a mezzanotte e i bandisti andavano a dormire nell’alloggio. In una festa si possono ridimensionare i fuochi d’artificio, risparmiare sulle luminarie, ma è assolutamente impossibile fare a meno della banda: la sua presenza è necessaria, indispensabile. Quando manca la banda si ha la sensazione di trascorrere una giornata qualsiasi, che non lascia il segno. La banda è l’anima della festa.

                Nicola Manfredi (1962) non si può dire ancora che appartenga anagraficamente alla classe anziana della cittadinanza, ma di questa ha assunto le caratteristiche di esperienza e di attaccamento passionale al proprio mestiere. Chissà quante volte avrà meditato, forse lanciando qualche imprecazione, sul desiderio insistito del padre Giuseppe di vederlo suonare nella banda del paese. Alla fine si convinse e frequentò la scuola musicale bandistica comunale, a titolo gratuito, voluta dal sindaco Onofrio Petrara, aperta nel complesso monastico di Santa Sofia.

                Nicola Manfredi ebbe la fortuna di incontrarvi due maestri davvero coinvolgenti: Salvatore Mugnuolo (detto Marcellino dal cognome della mamma) maestro di flauto e Michele Calendano fisarmonicista. Hanno frequentato quella scuola tanti ragazzi di talento che avrebbero poi scelto di fare della musica la propria professione: i flautisti Gino Mugnuolo (figlio di Salvatore e concertista internazionale) e Andrea Cicolecchia, i clarinettisti Tommaso Dimattia, Alfredo Dibattista, Vito Lombardi e Michele Carulli. Quest’ultimo è stato primo clarinetto nell’orchestra della RAI di Torino e direttore d’orchestra in Germania. Si sentivano tutti musicanti e non musicisti o strumentisti come si direbbe oggi, annettendo a quel termine in linea principale l’abilità o il virtuosismo nelle esecuzioni.

                Intanto, gettato il seme dell’arte musicale nel solco della formazione, il piccolo Nicola cominciò ad appassionarsi e a voler suonare in pubblico. A undici anni, quando frequentava la scuola media, ebbe modo di suonare nel suo primo concertino insieme a quattro o cinque ragazzini; era il primo saggio scolastico e fu eseguita la Marcia Ligonziana di Nino Ippolito. Ha iniziato a suonare in una banda da giro molto presto, nel 1976. Entrò nella banda di Pescara diretta dal maestro Domenico Paris Terra. Aveva appena quattordici anni e frequentava la terza media. Dovette chiedere al preside Francesco Portoghese il permesso di assentarsi e quel dirigente glielo concesse ben volentieri trattandosi di un’occasione importante per il ragazzo. Restò impegnato per centotrenta giornate nella sua prima tournée. Quell’ingaggio segnò una svolta nella carriera di bandista di Nicola. Nel 1977 suonò nella banda di Ceglie Messapica diretta dal maestro Vincenzo Alise.

                Nel 1978 fece un giro con la banda di Conversano; fu un anno in cui gli spostamenti avvenivano con qualche difficoltà a causa dei blocchi stradali delle forze dell’ordine disposti a seguito del sequestro di Aldo Moro. L’anno successivo tornò a far parte della banda di Ceglie Messapica guidata dallo stesso maestro Alise. Dall’80 all’82 andò in tournée con la Grande Banda di San Giorgio Ionico diretta dal maestro abruzzese Nicola Centofanti, personaggio di statura altissima, autorevole, che si faceva rispettare. Singolare fu l’audizione con quel maestro. Manfredi si presentò con i capelli lunghissimi e il suo clarinetto piccolo mi bemolle. La banda stava provando La Cenerentola di Rossini. Il maestro lo squadrò da capo a piedi dall’alto della sua statura straordinaria e volle metterlo subito sotto esame. Ordinò alla banda di intonare La Grande Pasqua Russa, un’ouverture sinfonica per grande orchestra di Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov nella quale è prevista all’inizio una parte per piccolo clarinetto mi bemolle. Il maestro si complimentò e i due da allora divennero amici.

                Dal 1983 al 1986, l’artista dovette prepararsi per l’esame di Stato al Conservatorio di Musica Egidio Romualdo Duni di Matera, presentandosi da privatista autodidatta. Si diplomò, così, in clarinetto. Conseguito l’ambito titolo di studio non furono poche le iniziative intraprese per mettere a frutto la preparazione maturata dopo anni di lavoro e consacrata con il superamento degli esami di Stato. In quel periodo, su impulso del maestro flautista Andrea Cicolecchia ed altri fu costituita a Gravina una banda comprensiva di cantanti lirici. In repertorio si contavano quaranta pezzi. In seguito si realizzò un progetto più ambizioso.

                Nel 1987 il nostro maestro, insieme al clarinettista Vito Lombardi e ad altri due gravinesi appassionati al genere, Nicola D’Agostino e Saverio Loverre, contribuì alla formazione del Gran Concerto Bandistico Città di Gravina in Puglia: direzione affidata al maestro leccese Mario Cananà in possesso di esperienze anche di tenore lirico alla Scala di Milano e al Teatro San Carlo di Napoli, quaranta elementi in organico e presentazione ai comitati festa di tutta Italia a cura dell’Agenzia Tornese di Pescara. La formazione ottenne un grande successo di pubblico e di critica con ben centodieci concerti, tuttavia l’impresa rimase in attività solo quell’anno, per motivi organizzativi ed economici. Insomma fu un fuoco di paglia quella che doveva passare come la replica del felice esperimento di un’altra gloriosa banda cittadina che operò dal 1920 al 1926 sotto la direzione del giovane maestro Emilio Silvestri – allievo del musicista Francesco Cilea – dotato di mente e di cuore. Ai nostri giorni l’ispirazione del maestro Silvestri sta trovando nuova linfa nella formazione bandistica omonima diretta dal professor Giuseppe Basile.

                Anche Nicola Manfredi, coniugato con Nunzia Branà, ha gettato il seme della continuità con l’attività di pianista svolta dalla figlia Emy, diplomata con lode al Conservatorio Niccolò Piccinni di Bari. Dopo un master a Modena ove risiede, la pianista è stata chiamata a Stoccarda come maestro collaboratore per la preparazione dei cantanti lirici.

                Negli anni novanta il maestro Manfredi è entrato nel Classico Gran Concerto Bandistico Città di Gioia del Colle, alla cui direzione si sono succeduti diversi bravi 40 maestri. Innanzitutto il maestro Paolo Falcicchio dal 1920 al 1963, in seguito il maestro altamurano Michele Marvulli – cui spetta il merito di aver fatto suonare per la prima volta negli anni sessanta gli orchestrali della banda seduti anziché in piedi – e il direttore del Conservatorio di Matera maestro Claudio Ciampa. Nicola continuò fino al duemila a suonare nella banda di Martina Franca. Da allora il nostro maestro ha fatto parte di diversi gruppi musicali cittadini, tra i quali la Metropolitan Band che si esibiva nelle feste di matrimonio. Attualmente Nicola Manfredi è presidente del Centro Studi don Luigi Sanseverino Gramegna – sodalizio avviato nel 1986 con il professor Michele Gismundo e altri – nel quale si svolge attività di ricerca musicale e si impartiscono lezioni di teoria e pratica di strumenti musicali.

                L’esperienza nella banda da giro è stata fondamentale nella formazione del maestro, sia sotto il profilo musicale che sotto quello organizzativo. Organizzare l’attività bandistica richiede tempo, tenacia e dedizione profonda. Le prove cominciano a partire dalla settimana prima di quella Santa con il raduno dei musicanti nel paese d’origine della banda. Prima occorrevano quindici giorni di prova che poi si sono ridotti a otto. Il repertorio, stabilito dal direttore, è costituito da brani sinfonici e arie liriche. In tutto bisogna tenere in caldo quaranta, cinquanta pezzi che devono formare oggetto di prova da parte di tutti gli strumentisti che, negli anni ottanta, arrivavano fino ad oltre cinquanta. Le formazioni si sono via via ridotte per comprensibili motivi economici. Nel repertorio non devono mancare le marce che trasmettono allegria a tutto il pubblico, adulti e bambini compresi, come la Marcia a Tubo dei fratelli baresi Ernesto e Gennaro Abbate e Vita Pugliese del maestro Giuseppe Piantoni di Rimini che diresse la banda di Conversano per diciotto anni.                 Interessanti e coinvolgenti erano i raduni bandistici, come quelli di Ferrandina e di Caserta. In quest’ultima città si esibivano contestualmente otto bande, dirette dall’unico maestro Giovanni Orsomando, padre della nota presentatrice televisiva Nicoletta. Anche a Gravina si è svolto negli anni dal 1995 al 2004 un raduno di bande nella centrale piazza Plebiscito.

                Numerosi sono i musicisti di Gravina diplomati al Conservatorio che potrebbero dar vita a progetti rilevanti. Mancano però lo spirito di adattamento e la propensione a lavorare in gruppo con altri musicisti. Questo spiega, almeno in parte, perché le iniziative finiscono spesso con un fallimento. I giovani di talento che decidono di partire ottengono importanti risultati. Il maestro Nicola Manfredi, pur di restare nella sua città, ha a suo tempo rinunciato a suonare nell’Orchestra di Lugano e nella Banda dei Carabinieri”.

La redazione

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