Recovery Fund: l’Italia eviti passi falsi

Riuscirà lo Stato (la Regione) a superare la grave crisi economica in atto? Le somme stanziate sono di massima così destinate: 9 miliardi al Servizio Sanitario Nazionale, 35 miliardi per il sostegno ai lavoratori e alle famiglie, 40 miliardi alle imprese e al sostegno dell’attività economica, 5 miliardi sono stati utilizzati per gestire l’emergenza sanitaria. Per richiedere i fondi gli Stati dell’Unione Europea dovranno presentare i “Piani nazionali per la ripresa e la resilienza”, che contengano riforme e investimenti per i prossimi quattro anni. L’effetto dell’utilizzo del Recovery Fund sulla nostra economia dipenderà dalla qualità delle iniziative da finanziare, che dovrebbero essere aggiuntive rispetto a quelle già presenti nei programmi nazionali e destinate soprattutto agli investimenti. In ogni caso l’utilizzo dei fondi europei costituisce un’occasione irrinunciabile per il rilancio dell’economia italiana, afflitta da oltre 20 anni dalla bassa crescita, conseguenza della debole produttività. Si stanno organizzando i tavoli del confronto politico volto alla migliore definizione del quadro di spese e investimenti e, quindi, dei progetti da comprendere nel Piano da presentare all’Europa. In questo frangente, sono state ascoltate in Parlamento le istituzioni nazionali in grado di fornire utili indicazioni di percorsi e obiettivi programmatici. Sono venute fuori considerazioni da non trascurare. I settori più urgenti di intervento, a parte l’esigenza di provvedere alla manutenzione e all’ammodernamento delle infrastrutture del Paese, sono: la Pubblica Amministrazione, nella quale occorre accelerare la digitalizzazione di tutti i processi e rinnovare l’organizzazione del personale. L’innovazione tecnologica nell’industria manifatturiera e dei servizi (banda larga ultraveloce, tutela dell’ambiente, corretto smaltimento dei rifiuti, investimenti nell’istruzione). La salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio naturale e storico-artistico. Il turismo rappresenta il 5% del PIL e più del 6% dell’occupazione. I ritardi e le difficoltà italiane sono più accentuate nel Mezzogiorno, dove bisogna intervenire con celerità in tutte le aree di attività prima accennate, partendo dal miglioramento dell’ambiente in cui operano le imprese ai fini della tutela della legalità. Resta irrisolto a livello politico il rebus sul ricorso o meno dell’Italia all’utilizzo dei prestiti forniti dal M.E.S. (Meccanismo Europeo di Stabilità), ente intergovernativo sorto nel 2012 sulla base di un trattato tra i Paesi dell’Area Euro. Il MES, ad aprile, ha approvato il “Pandemic Crisis Support”, cioè una linea di credito di importo fino al 2% del PIL del Paese richiedente. Per l’Italia si tratterebbe di circa 40 miliardi. I prossimi mesi rappresentano quindi momenti decisivi per produrre ricchezza nel nostro Paese. Speriamo di farcela. L’Italia eviti passi falsi. 

Giuseppe Marrulli 

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