Marina Angelastro, mutamenti e transustanziazioni: “Leonessa di Puglia”

La storiografia di Atene di Puglia prosegue attraverso processi evolutivi di transazioni economiche, metamorfosi culturali, antinomie sociali turbolente che rimbalzano, si intrecciano, urtano, deformandosi, svanendo e riapparendo sulle pagine di un passato da non dimenticare. 

            Mentre, dal 1789 al 1799, in Francia, imperversa il più aulico e radicale displuvio temporale fra età moderna e contemporanea (la Rivoluzione Francese), anche nel territorio murgiano, siglando il declino dell’assolutismo, fremono e scalpitano prodromi dai violenti impulsi.

            Avvenimento che segna un periodo di radicale, dispotico e tumultuoso subbuglio, intenso e drammatico nei suoi moti impetuosi, è la Rivoluzione di Altamura. Appresa la notizia della fuga del Re a Palermo, l’insurrezione pugliese (ispirata alla Repubblica Partenopea e al motto tripartito d’oltralpe (“liberté, égalité, fraternité”) trasforma e muta la propria estensione governativa, da borbonica a repubblicana, delineando un’epoca quanto mai fulgida per la seconda metà del secolo XVIII.

            Presentemente diffuso il desiderio di scienza ed erudizione, i sostenitori della resistenza interrano, nella piazza della dominante Cattedrale, l’Albero della Libertà, icona che, dissentita dalla limitatezza dell’orizzontalità, assurge a simbolo devozionale che si eleva ed innalza verso il cielo, proprio come fervidi ideali.

            Capeggiato dal Cardinale Fabrizio Ruffo, l’esercito tenta la soppressione dei moti insurrezionali, tuttavia a nulla valgono le illusorie attuazioni di decantata ed idolatrata libertà degli altamurani che, pur serrando le porte della città e i pertugi logistici, compiono l’ultimo gesto di eroismo, sacrificando molte vite, mescendo sangue e spargendo disastrose rovine.

            Il 10 maggio 1799 la Rivoluzione di Altamura è completata e decretata solennemente con abusi e soprusi propagandati e tramandati dai posteri che, ancora oggi (come il professor Giuseppe Pupillo), ne narrano le gesta.  Eppure, quel commovente guizzo di proselitismo storico, concepisce la coscientizzazione   di una nemesi vivificante e salvifica: fra scontri esemplari e memorabili abbandoni ad una giustizia militare sommaria, il popolo altamurano, colpevole soltanto di non aver meritato quelle pene, suscita nuovi e generati spasmi pulsionali. Come la più grande fra i felidi (specie vulnerabile, ma determinata) e adattata a vicissitudini cespugliose, seppur giustificata da un inevitabile declino, “Atene di Puglia” è finalmente restituita ad un habitat protetto e dominante: nasce così, e sopravvive alla sua estinzione, la “Leonessa di Puglia”!

Marina Angelastro

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