Dulce et decorum est pro patria mori, Paolo Casanova Bersagliere altamurano fucilato nel 1945

Figura 1: Paolo da bersagliere nel 1943

L’incitamento di Orazio lo troviamo scolpito in più luoghi segnati dagli orrori dell’appendice disumana agli epigoni della Seconda Guerra Mondiale in Italia. Ma bisogna sùbito distinguere: il martirio di Paolo Casanova al Poligono di tiro  di Verona all’alba del 9 febbraio 1945 non si spiega – né mai si potrebbe giustificare – con il fatto che la guerra non era ancora finita nella sciagurata Repubblica di Salò, tranne che si prenda per buona – paradossalmente –  la logica del fratricidio. Paolo, arruolato nel corpo dei bersaglieri nel mese di marzo del 1943, vive tutto il disagio del diciannovenne che parte da un territorio in cui si comincia a respirare aria nuova di distensione per ritrovarsi nella tetraggine del regime ostinato a resistere, anzi convinto di poter riconquistare tutto il territorio della Nazione, costi quel che costi. Paolo approda così alla Caserma Lamarmora di Verona, dove stazionava il Primo Battaglione Bersaglieri dell’Armata Ariete.

Alla resa di Cassibile del 3 settembre seguì l’Armistizio dell’8 settembre, l’apocalisse di una nazione. Paolo Casanova e tanti suoi commilitoni scelsero di collaborare con i nuclei della Resistenza, scelta perfettamente legittima dal momento che le forze armate italiane erano ormai obbligate a collaborare con gli alleati sbarcati in Sicilia. Ma dovettero far fronte al delirio di un governo fantoccio che si instaurò nella cosiddetta Repubblica di Salò e, quel che è molto peggio, subirono anche la violenza cieca e bieca dei nazisti ormai nemici, sostenuti in maniera del tutto subordinata dai reparti ancora fedeli al regime fascista. Colto in azione “sovversiva” da una pattuglia delle SS il 12 settembre 1944, fu messo agli arresti e deferito al tribunale militare. Venne processato l’11 gennaio 1945 dal Tribunale Militare tedesco di Verona, per aver tentato di fornire munizioni a banda armata partigiana. Venne fucilato all’alba del 9 febbraio 1945 al poligono di tiro di Verona.

Figura 2: Ugo Leggiadro alla famiglia Casanova

Paolo Casanova era convinto delle proprie azioni, arcisicuro di agire nel giusto con la scelta che aveva fatto. Lo ripeteva al suo compagno di cella, Ugo Leggiadro, che il 3 agosto 1945 da Verona scrisse una lettera:

Alla famiglia Casanova,
ho appreso in questi giorni che voi non sapete ancora niente della sorte che è toccata a vostro figlio Paolo. Io come compagno di cella, di lui, mi sento in dovere di dire ciò che è accaduto di lui, prima di tutto vi devo dire che mai in un solo istante si dimenticò di voi, ma sempre il vostro nome uscì dalle sue labbra.
Lo ebbi come compagno carissimo di fede, ma erano appunto i migliori che davano noia ai nostri carnefici carcerieri.
La mattina del 9 febbraio 1945 lo vidi uscire per raggiungere la schiera eletta degli eroi, non una sola lacrima lo vidi spargere, solo ebbe l’amarezza di dover lasciare per sempre i suoi amati genitori e di non aver dato abbastanza per l’idea.
A voi raccomandò di non piangere, ma di essere fieri che abbiate potuto dare un compagno così meraviglioso. Il sangue che fu sparso non fu sparso invano, ma servì per dare forza a noi per proseguire il cammino. Distinti saluti,

Ugo Leggiadro

Ugo Leggiadro uscì dalla cella qualche giorno prima del 9 febbraio, confortato da Paolo, ma non fu fucilato: gli comunicarono che era stato graziato.

Prima di avviarsi verso il plotone di esecuzione, Paolo affidò al cappellano del carcere due lettere: una per Mamma Giuseppina (Lonero), l’altra per i fratelli. Le lettere furono ricevute da don Giovanni Notario, parroco di San Sepolcro, che le consegnò ai genitori in Via Bernini (Via Paolo Casanova dal 1947). Passarono due anni e due mesi prima che Giovanni Casanova potesse portare a casa, da Verona, la salma del figlio. Settantotto anni dopo quell’alba veronese di febbraio, le parole di un martire per la nostra libertà, serene e cariche di cristiana rassegnazione, rimbombano solenni nell’animo di chi invoca la pace accompagnato dai rintocchi a distesa delle nostre campane della Santa Pasqua.

Verona, 9 febbraio 1945

Mia tanto amata mamma,
in questo momento della mia vita ti scrivo per chiederti perdono di tutti i dispiaceri che ti ho dato, in questo momento ti sono vicino con il cuore e con l’anima, mi dispiace solo che in questo momento non posso nemmeno vederti e abbracciarti come in quei giorni che ti ero vicino.
Cara mamma, grazie di tutto quello che ai fatto per me, di avermi messo su una buona strada, di avermi imparato ad essere cristiano e a conoscere Dio, perciò quello che io sto per passare è niente in confronto di tutto ciò che a passato e sofferto Gesù Cristo per noi, e sono contento che in questo momento cè qui il sacerdote che mi assiste e mi consola.
Cara mamma sono contento che in questo momento tu non sai la sorte che mi tocca, e che non provi nessun dispiacere perché non sai niente.
Caro papà, perdonami per tutto quello che ho fatto contro la tua volontà, che non ho mai dato ascolto alle tue intimazioni ed ai tuoi consigli, ma i testardi come me fanno tutti questa fine.
Però, credimi non ho fatto nulla di male, e perciò muoio senza rimorsi di coscienza, e perdonando colui che è la causa della mia fine.
Miei cari, in questo momento desidero il vostro perdono “che sono sicuro che me lo darete” e che voi mi diate la vostra benedizione, e non mi giudichiate male.
Termino con l’abbracciare i miei fratelli e sorelle con tutti i vicini e parenti e cari nonni, a voi tanti baci dal vostro Paolo.

Verona, 9.2.1945

Miei cari fratelli,
vi scrivo queste ultime parole, chiedendovi perdono per tutte le cose storte che ho fatte,e voglio che voi siate più buoni di me, che non diate dispiaceri alla mamma ed al papà, spero che manterrete ed eseguirete le mie ultime volontà, specie tu, caro Saverio, che eri un po’ strambo, e non davi ascolto al papà e alla mamma.
Perciò siate di conforto ai cari genitori e cercate di consolarli.
Cara Veneranda, solo in questo momento considero tutto il bene che voglio a te e ai tuoi cari figli e il tuo caro marito, perdonami, e tieni di me un caro ricordo.
Termino con l’abbracciarvi tutti e benedicendovi.
Vostro caro fratello Paolo.

Salda restando la testimonianza contenuta nella lettera di Ugo Leggiadro, va notato che Paolo insiste sulla propria innocenza. Mentre invoca il perdono del padre per non aver ascoltato tutti i suoi consigli, gli assicura di non aver fatto nulla di male, “e perciò muoio senza rimorsi di coscienza, e perdonando colui che è la causa della mia fine.” Probabilmente si riferisce al capitano Giovanni Melisi della Milizia Fascista a Verona. Il Leggiadro riferiva che anche durante l’interrogatorio delle SS Paolo Casanova aveva sostenuto “di aver fatto la cosa giusta.” Il desiderio di vendetta non lo sfiora neppure, anzi Paolo perdona il suo carnefice, sicuro dell’infimo valore del proprio sacrificio rispetto al sacrificio e alla sconfinata misericordia del Cristo. Gli dispiace immensamente aver deluso le aspettative del padre, quindi ammette serenamente che “i testardi come me fanno tutti questa fine.” Ma la coscienza di aver agito bene è e resta intatta, pur nella richiesta insistente di perdono  rivolta ai suoi familiari. Paolo rimane incrollabile nella sua fede evangelica: essere testardi nelle proprie convinzioni può comportare sacrifici e costi altissimi, ma è lo scotto che è giusto pagare per entrare nel novero dei cristiani autentici: questa è la lezione di Paolo Casanova, e l’esempio eroico vale oggi quanto e più di quando gli venne tributato il Funerale di Stato il 24 aprile del 1947 nella stessa Chiesa di San Domenico in cui lo onoriamo oggi, esattamente settantasei anni dopo.

Figura 3: Gianna sulla tomba di Paolo nel 1945

È calzante e fortemente simbolico che sia presente ad Altamura il Settimo Reggimento Bersaglieri, nato proprio a Verona nel 1871 e trasferito a Bari nel 1992 dopo le burrascose vicende della Seconda Guerra Mondiale; dal 19 dicembre 2012 il 7º ha sede permanente nella Caserma Trizio di Altamura. Nel febbraio 1996 i Bersaglieri, per interessamento dello Stato Maggiore dell’Esercito e decreto dell’Ordinario militare Arcivescovo Giuseppe Mani, hanno scelto la Madonna del Buoncammino quale Patrona. E siamo certi che la Vergine misericordiosa ci benedice tutti. Devo all’amabilità di Maria Casanova Esposito, sorella minore di Paolo e vedova del mio Maestro, l’aver potuto visionare la lettera inviata da Corrano il 15 novembre 1944 da Gianna, ragazza veneta fidanzata di Paolo. Altri documenti e ricordi mi ha messo a disposizione Franco, ultimo dei fratelli Casanova; Franco risiede a Torino ed ha frequentato le scuole altamurane con mio fratello e suo amico Michele (1938-2019). Della lettera di Gianna sarà bene trattare separatamente, nel prossimo futuro, in occasione di una cerimonia per ricordare il luogo di lavoro di Paolo, il Forno di San Domenico in Via Ariosto, all’epoca di proprietà del padre Giovanni che lo gestiva in proprio. Ringrazio vivamente la Confraternita di San Domenico per l’ospitalità largita per la commemorazione, e il Generale Franco Dimarno per l’ampia e premurosa disponibilità dell’Associazione Nazionale Bersaglieri, Sezione di Altamura.

Giuseppe Bolognese, 17 Aprile 2023

Figura 4: Altamura 24 Aprile 1947 – I funerali di stato

One thought on “Dulce et decorum est pro patria mori, Paolo Casanova Bersagliere altamurano fucilato nel 1945

  • 22 Aprile 2023 in 09:42
    Permalink

    La foto della classe in cui ho riconosciuto miei coetanei non è del 1929 ma molto più recente ( 1959/1960/1961 ) riconosciuti da me:
    Peppino Bolognese, Tirelli trnghnidd, Tonino Di sabato di via Milano, e qualche altro.

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