Perchè Gravina fu risparmiata dal Cardinale Ruffo
Il furioso Cardinale Ruffo evitò di assalire e depredare la città di Gravina quel 9 maggio 1799, perché le fazioni in campo seppero esercitare un intelligente “gioco delle parti” si direbbe. Ma andiamo per ordine. Con la rivoluzione napoletana del 1799 anche Gravina si divise: Sanfedisti o conservatori da una parte, Giacobini o rivoluzionari dall’altra. Questi ultimi, capeggiati dai fratelli Giuseppe e Michelangelo Calderoni, Michele e Giuseppe Benchi, Cesare e Francesco Polini, da Antonio Pomarici Santomasi, Nicolò Damiani, Costantino Andreucci e Rosa Brunetti, tutti appartenenti alle più distinte e facoltose famiglie del tempo, riuscirono a prendere il sopravvento. Il regno di Napoli fu diviso in 11 dipartimenti: Gravina divenne sede del governo dipartimentale del Bradano. Il 9 maggio 1799 giungevano sotto Altamura, e provenienti da Matera, numerose orde dei cosiddetti Sanfedisti, capitanate dal Cardinale Ruffo il quale, dopo la fuga del Re da Napoli, si era prefisso di ristabilire a qualunque costo la monarchia del Regno, contrapponendosi, con la violenza della sua repressione, all’azione dei rivoluzionari. L’arrivo dei Sanfedisti ad Altamura dette luogo ad un aspro combattimento che si chiuse con la capitolazione della città, con l’eccidio di numerosi cittadini e rapina dei loro averi, come ci racconta lo storico per eccellenza Domenico Nardone. Il Cardinale Ruffo, dopo l’eccidio di Altamura, si diresse verso Gravina con l’intento di fare altrettanto se avesse incontrato resistenza. Ma Saverio Meninni e la sua consorte, a capo di un gruppo di popolani, chiesero di colloquiare col Cardinale, al quale gli confermavano sotto la loro responsabilità che i pochi Giacobini esistenti in Gravina erano oramai fuggiti e che la popolazione, nonostante la loro propaganda, era compatta e decisa a mantenere la fede giurata al suo Re. Ciò promesso, pregavano vivamente il Cardinale di risparmiare la città da ogni danno. Così il Cardinale Ruffo passava da Gravina senza entrarvi. Il popolo gravinese, all’oscuro dell’accaduto, attribuì lo scampato pericolo ad un miracolo del Santo Patrono San Michele Arcangelo: volle una statua del Santo in una nicchia a Porta San Tommaso, oggi porta San Michele, a ricordo dell’evento. L’azione dei coniugi Meninni, invece, fu un’azione nobile, noi aggiungiamo Politica. Infatti lo scrittore Giuseppe De Ninno, accennando alla mancata venuta a Gravina del Cardinale Ruffo, afferma che i coniugi Meninni, col loro interessamento, salvarono dalla punizione del focoso cardinale non poche famiglie di Giacobini gravinesi, dimostrando una signorile magnanimità verso coloro che, nella installazione del governo dipartimentale, non si erano adoperati di aizzare la folla ad assalire e depredare la loro case come Sanfedisti, e che tanto male ne sarebbe avvenuto se, ad arrestare la folla assalitrice, non fossero intervenuti a tempo i Giacobini Giuseppe Calderoni, i fratelli Polini, e l’avv. Nicolò Damiani i quali, col loro seguito e con la loro autorità, riuscirono a far desistere la folla dalla già iniziata violenza. Gioco corretto degli schieramenti si direbbe oggi, necessario nei momenti di necessità e pericolo: venne aborrita in tale circostanza la propaganda faziosa delle parti politiche in campo, per difendere la popolazione inerme.