Gravina, città delle rivendicazioni per “pane e lavoro”
Il Messaggio dei vescovi italiani per la Giornata del Ringraziamento: “Il pane, frutto della terra e del lavoro dell’uomo, diventi alimento di vita, di dignità e di solidarietà”. Il popolo gravinese era stanco di essere succube di pochi terrieri, di quei proprietari che scendevano in piazza delle some, oggi “piazza delle quattro fontane” per intenderci, per il mercato umano delle braccia, sul calar del sole, a reclutare muscoli a giornata: divenne il “paese più turbolento della Provincia di Bari” e costrinse il Prefetto, il 12 novembre 1944, ad emettere un decreto di imponibile di manodopera per i disoccupati agricoli, il primo in Italia. Migliaia erano i partigiani che tornavano dalla Guerra e si aggiungevano alla massa dei disoccupati, alla ricerca di un lavoro che non c’era. Le condizioni di vita dei lavoratori erano impressionanti mentre grandi estensioni di terre erano piene di gramigna e i proprietari agricoli, puntualmente, respingevano gli ingaggi di manodopera del Comune. Contro questo stato di cose si levarono le coscienze limpide dei contadini: gli scioperanti il 20 ottobre 1947 costrinsero un intero battaglione di 180 carabinieri ad indietreggiare su via Bari. Una delle punte avanzate dei combattivi movimenti contadini della Puglia fu certamente Gravina: lotte bracciantili sacrosante per il “pane e lavoro”. Se non capissimo la fame non potremmo capire la nostra storia di popolo, non potremmo giustificare il radicalismo della lotta di quegli anni. Gravina aveva conosciuto la fame. Gravina era più avanti degli altri. Siamo più avanti degli altri sul piano delle sensibilità civili, della coscienza di popolo, della forza d’animo. Ancora oggi, è dovere morale di tutti vigilare sulla dignità dei più sfortunati: è il senso della pubblicazione del mio libro “La Ricostruzione a Gravina in Puglia 1943-1947. Fatti che sollecitarono i braccianti alla lotta” (ed. Centrostampa, Matera 2017). Raccontiamolo ai ragazzi.