La vestale

Nel 1839 Mercadante, compositore affermato, aveva combinato col San Carlo una scrittura per l’anno successivo, senza l’obbligo di recarsi a Napoli per dirigere l’opera (era impegnato contemporaneamente con La Fenice di Venezia per La solitaria delle Asturie). L’opera composta dal maestro altamurano fu dunque La vestale, una tragedia lirica in 3 atti su libretto di Cammarano. Fu rappresentata nel 1840 e accolta con grande successo, consacrando Mercadante come uno degli autori più importanti dell’epoca. La vestale risulta essere una delle più eseguite di Mercadante, (circa 150 date) e restò nel repertorio dei teatri incontrando sempre il favore del pubblico, prima di scomparire a fine ’800.

Il compositore ripropone il soggetto neoclassico calandolo in un’atmosfera passionale e pessimista tipica degli anni ’40. Il libretto non prevede nessuna aria solista per i protagonisti, ma solo duetti, un’eccezione nel melodramma del primo Ottocento. La vicenda è simile a quella di opere omonime ma cambiano i nomi dei personaggi e il finale è diverso. La Vestale è l’opera della rassegnazione, dell’impossibilità di vivere amore e amicizia. Sin dall’inizio c’è un senso di malinconia e di rinuncia all’amore.

La storia sembra vissuta dal punto di vista degli amici dei protagonisti. Emilia, credendo morto l’innamorato Decio, ha preso i voti come vestale ma il ritorno a Roma dell’amato, come vincitore dei Galli, la getta nel panico. Invano, l’amica Giunia tenta di dissuaderla dal cedere a un amore che non le appartiene più e supplica la dea affinché Emilia si scordi di lui. Decio, aiutato da Publio, si introduce nottetempo nel tempio di Vesta per incontrare Emilia: il sacro fuoco si spegne ed Emilia viene arrestata. Publio chiede grazia per lei, supplicando il console Licinio (padre di Decio) per la paura che Decio si uccida. Licinio è irremovibile e Publio prova a sistemare tutto con le armi, ma muore mentre Decio si pugnala sulla tomba di Emilia. La Vestale è una storia di giovani costretti al sacrificio delle proprie aspirazioni, schiacciati dal potere di vecchi irremovibili nelle loro posizioni.

In tempi più recenti, una registrazione è stata eseguita a Civitavecchia nel 1970 con Giuseppe Ruisi a capo di Orchestra e Coro di Altamura, e un’altra volta al Teatro di Spalato, nel 1987. L’opera è stata poi rappresentata al Festival di Wexford, nel 2004, con la direzione di Arrivabeni.

Di seguito vi proponiamo proprio la rappresentazione diretta da Arrivabeni

In alternativa c’è una rappresentazione del 1987.

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