Dante, La Divina Commedia continuerà ad attrarre ed affascinare i posteri
Celebrare Dante a settecento anni dalla morte significa rendere il doveroso omaggio a un grande italiano che ha raggiunto, per giudizio pressoché unanime, le vette più alte delle letterature di tutti i tempi.
Raramente, infatti, nella storia della letteratura si riscontrano, in una sola personalità, gli ideali più alti di umanità e la coincidenza di una vicenda personale dolorosa e travagliata, assolutamente coerente. Vita e letteratura, ideale e reale, parola e pensiero, si incrociano e si fondono in una sintesi di eccezionale grandezza.
Dante è figlio del suo tempo, il Medioevo. Forse ne è il figlio migliore. È anche figlio di Firenze, pur se, nel clima polemico attraversato, si sentirà costretto – certamente a malincuore – a precisare “per nascita, non per costumi”. È, infine, figlio di quell’Italia “nave senza nocchiere in gran tempesta”, un’Italia che non esisteva se non come “espressione geografica” ma che rappresentava il suo sogno esistenziale e il suo orizzonte politico ideale.
Nella sua mente eccelsa, nella sua prodigiosa tensione poetica, si fondono e si svelano per intero la storia, il sapere e la sapienza del suo tempo che fu, come ben sappiamo, tutt’altro che buio e oscuro. Ma Dante va oltre: ne intuisce le crepe e i cedimenti; ne denuncia, con implacabile e sofferta lucidità, i vizi, i tradimenti, le corruzioni. Ne prevede e, in qualche modo, ne anticipa il tramonto. Dante è l’uomo che ne indica la crisi. Colui che riassume e porta a compimento il suo secolo ma che nel contempo lo supera e lo trascende, in una dimensione decisamente universale.
La Patria – intesa come comunità di persone che avvertono la condivisione di origini, storia, lingua, valori, destino – è un concetto preesistente alla sua realizzazione in unità politica e statale.
Dante è in realtà il grande profeta dell’Italia, un patriota visionario, destinato, quasi biblicamente, a scorgere ma non a calcare la Terra vagheggiata e promessa. Il contributo artistico, culturale e linguistico che Dante ha fornito alla formazione dell’Italia è immenso e inestimabile.
Dante è anche l’uomo che ha portato a compimento il passaggio tra latino e volgare, riconoscendo al parlare del popolo, alla lingua “naturale”, la dignità letteraria e la superiorità comunicativa.
La grandezza di Dante è nella sua capacità di trascendere il suo tempo. La sua universalità e bellezza vanno ricercate proprio nella particolare attitudine di penetrare nel profondo dell’animo umano, descrivendone in modo coinvolgente moti, sentimenti, emozioni. I vizi che Dante descrive”, spiega il Presidente, “la tendenza al peccato, secondo la sua concezione filosofica e religiosa, sono gli stessi dall’inizio della storia dell’umanità: avidità, smania di potere, violenza, cupidigia”.
La Divina Commedia continuerà ad attrarre ed affascinare i posteri. Come il bene e il male, è il peregrinare dell’uomo nell’essenza profonda della vita. E, come tutti i grandi, Dante viaggia da più di 700 anni, senza più essere in esilio.
Redazione AlGraMà
dall’intervento del Presidente Mattarella
Disegno di Nicola Angarano