Il Negroamaro

Il Negroamaro è un vitigno indissolubilmente legato alla storia vitivinicola della Puglia. Secondo quanto riportato nell’Atlante dei Vitigni di Puglia, i primi studi che lo riguardano risalgono al 1872, quando si parlava di un’uva coltivata soprattutto nel Salento “con grappoli mezzani e acini a forma di oliva, di nome Nero-Amaro, detto anche Niuru Maru, Nicra Amaro, Nero Leccese, Uva cane nel Capo di Leuca. Vi erano tracce anche in altri luoghi della Puglia e si presume che sia stato importato dai Greci insieme al sistema di coltivazione “ad alberello”. È molto interessante conoscere i nomi con cui il Negroamaro veniva identificato nelle altre zone: Cestoneia a Vico del Gargano o Amantunico a Gravina in Puglia. Anche nel circondario di Altamura, secondo l’ampelografo Giuseppe di Rovasenda, si allevava il Ranicuglio nero, coincidente con il Negroamaro. Nomi diversi, ma somiglianti caratteristiche del vino che ha un colore molto intenso, tannini ben presenti e in bocca una nota finale leggermente amara.

I tannini sono sostanze naturali – polifenoli – che si trovano nella buccia, nei vinaccioli e nel raspo (tannini catechici) che dal processo di vinificazione, fino all’affinamento nel tempo, conferiscono colore, più o meno accentuato e sono essenziali al sapore finale del vino. Ci sono anche i tannini rilasciati dalle botti di legno che si chiamano gallici e si trovano nei vini che hanno subìto un processo di affinamento in botte.

Il Negroamaro fu molto importante per dare nuovo vigore ai vitigni dopo la Fillossera che falcidiò anche la Puglia, agli inizi del ‘900.

Le uve contengono un’elevata quantità di zuccheri che trasmettono al vino una gradevole morbidezza. Il vino prodotto da sola uva Negroamaro (quando è giovane), ha una tonalità rosso rubino molto scuro, quasi inviolabile; i profumi, prevalentemente di piccoli frutti rossi e neri, come more, ribes e gelso, si ritrovano al gusto. Comunque, per quanto il vitigno sia lo stesso, ogni vino ha proprie caratteristiche che derivano dal territorio, dal tipo di vinificazione, dalle scelte del vignaiolo…

Il Negroamaro si può gustare anche nella versione “rosato” – fermo o spumante – che regala al naso profumi di fiori ed eleganti note fruttate. Il colore non deve ingannare perché anche il Negroamaro rosato, al contrario di un errato pensiero di alcuni, è un vino di grande struttura, ormai conosciuto e apprezzato in tutto il mondo.

Insieme ad altri vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Puglia, come la Malvasia nera, contribuisce alla produzione di vini delle DOC Leverano e Salice Salentino.

Il Negroamaro rosso è perfetto in abbinamento a pasta con sughi succulenti e a carni di vario genere: manzo, maiale, salsicce, pecora, selvaggina, cotti secondo le tradizionali ricette locali o attingendo anche ad altri luoghi. I vegetariani potranno gustarlo con molti formaggi. Il Negroamaro rosato è perfetto con una ricca zuppa di pesce, con pesce fritto, al forno o anche crudo, per gli appassionati.

Forma una coppia perfetta anche con carni bianche, torte salate e frittate, solo per fare qualche esempio.

Buona degustazione.

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