I bicchieri sulle nostre tavole

I bicchieri che si utilizzano quotidianamente o per le occasioni speciali, sono il frutto di un’ evoluzione stilistica che, nel corso dei secoli, ha registrato molteplici cambiamenti .

Molto lontani dalla nostra immaginazione sono le coppe ricavate da corni di animali, le valve di grosse conchiglie, gli otri di pelle (ancora oggi in uso tra le popolazioni berbere), le ciotole di creta (adoperate dal popolo Egizio mentre ai faraoni erano riservate coppe d’oro e d’argento).

Il vetro ha 4000 anni di vita: gli antichi romani lo scoprirono dopo la conquista della Siria, in cui era ben sviluppata l’arte vetraria. Cominciarono dunque a comprendere quanto più buono fosse il vino bevuto in calici di vetro. Nel XIII secolo si diffuse la meravigliosa arte vetraria di Venezia, di cui pure si ha memoria sin dal 982.

Intorno al XIV secolo le tavole di re, vescovi e principi, erano apparecchiate con grandi calici a forma di tulipano, dallo stelo più o meno lungo e sottile.

Risale alla metà del 1700 l’utilizzo, da parte dei ricchi, di bicchieri di cristallo di Boemia e di Venezia. Nelle case borghesi e negli alberghi lussuosi si trovavano tazze di maiolica, ceramica, stagno. Di legno, invece, erano i bicchieri usati nelle taverne.

In che modo si sono evoluti materiali e modelli?

Alla fine del seicento cominciarono a diffondersi, in Europa e in America, due tipi di vetro, qualitativamente diversi dal vetro di Murano, più competitivi perché la loro composizione chimica favoriva lavorazioni particolari, oltre a una migliore rifrazione della luce.

Il vetro a piombo, nato in Inghilterra da un’intuizione di George Ravenscroft e il vetro al potassio, messo a punto in Boemia, davano al bicchiere maggiore durezza e luminosità.

Fattori, questi, che mettevano in secondo piano le produzioni veneziane tanto che, agli inizi del 1700, fu emanato un decreto che proibì l’importazione e il commercio di prodotti stranieri.

Possiamo immaginare quanto poco efficace si sia rivelata tale disposizione. Il bicchiere svolge una funzione di primo piano nella valorizzazione dei “liquidi” che contiene, con qualche differenza tra vetro e cristallo, a favore di quest’ultimo.

Molti studi sono stati compiuti, dai secoli scorsi a oggi, per individuare quali caratteristiche consentano al bicchiere di favorire il passaggio ai nostri organi sensoriali, di tutte le peculiarità di vini e liquori, positive e a volte negative.

Un bicchiere che abbia un ovale puro, a forma di uovo tronco, con un’apertura leggermente ristretta, dal bordo sottile, uno stelo sufficientemente lungo e un piede che consenta una buona presa, è adatto, in linea di massima, per qualsiasi tipo di vino, anche per gli spumanti.

Sappiamo però che, per diversi motivi (varie correnti di pensiero, tradizioni locali, etc…), esistono più tipologie di bicchieri da vino.

Per vini bianchi e rosati giovani, il bicchiere potrà essere a tulipano, con il bordo troncoconico.

Per vini bianchi di maggior struttura, con più profumi, più morbidi e mediamente “invecchiati”, si suggerisce un bicchiere più ampio e slanciato.

Per vini rossi d’annata, quindi più importanti sotto l’aspetto organolettico, scegliamo un calice ampio, panciuto , che permetta ai profumi di raggiungere le nostre narici mentre il vino si ossigena.

L’acqua, tra un sorso e l’altro di vino, andrà versata in bicchieri bassi.

Per spumanti e champagne la flute, consentirà alle bollicine-perlage di sprigionare tutta la loro potenza; negli anni anche questo bicchiere ha subito piccole modifiche stilistiche.

Le coppe, con ampia apertura e stelo basso, che molti di noi ricordano “nei servizi di bicchieri” di nonne e mamme, fanno si che spumanti aromatici e fragranti, come il Brachetto o il Moscato d’Asti (per citare i più noti) sprigionino i loro profumi.

Comunque, molti vignaioli negli ultimi tempi, in collaborazione con mastri vetrai hanno realizzato bicchieri, di fogge diverse dal classico calice, per meglio valorizzare i loro vini.

Per il dopo pasto, i vini passiti e i distillati saranno serviti in calici più piccoli, con stelo lungo. Un brandy richiede un piccolo bicchiere a tulipano, un Calvados o un Armagnac sprigioneranno il loro potente aroma in un bicchiere panciuto, con lo stelo basso.

Per il pranzo di Pasqua, che quest’anno sarà sicuramente vissuto e consumato con un animo meno festoso, anche una tavola ben apparecchiata può contribuire ad allietare i momenti trascorsi in famiglia o almeno con una parte… Il Galateo ovviamente prevede un’apparecchiatura “mise en place” anche per i bicchieri, ma anche in questo caso nel corso degli anni sono state apportati alcuni cambiamenti. I bicchieri vanno posti alla destra del commensale; il riferimento è la punta del coltello; il bicchiere dell’acqua senza stelo, va posto all’interno, tra il calice per il vino rosso e quello per il vino bianco, se ci sono due calici con lo stelo, il bicchiere più grande è per l’acqua. Se c’è spazio si può aggiungere il calice per lo spumante. Il bicchiere per il vino che accompagna il dolce si porta in seguito. I bicchieri hanno bisogno di un’attenzione particolare per la pulizia. Dopo il lavaggio con un detersivo delicato, col quale si elimineranno eventuali macchie di rossetto o tracce prepotenti come quelle del vino rosso, si risciacqueranno più volte, si lasceranno capovolti per qualche minuto e si asciugheranno con un canovaccio che non rilasci pelucchi. È molto importante riporli in luoghi puliti e inodori per evitare che i bicchieri stessi assorbano sentori sgradevoli.

A tutti sinceri auguri di una serena Pasqua!

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