La strage della stazione di Bologna: una ferita ancora aperta

Tra pochi giorni ricorrerà il 40° anniversario della strage della stazione di Bologna. Questa è una piccola cronaca per non dimenticare.

Il 2 agosto 1980, nella sala d’attesa di seconda classe della stazione di Bologna, circa 23 kg. di esplosivo provocano la morte di 85 persone e il ferimento di oltre 200. La miscela esplosiva era stata posta in una valigia, poi sistemata su di un tavolino portabagagli, sotto il muro portante dell’ala Ovest, nella sala d’attesa di seconda classe. Il grande orologio esterno della stazione si ferma alle 10.25, segnando anche l’ora in cui la democrazia italiana è sospesa.

Diversi preavvisi ignorati, depistaggi di massoni e servizi segreti deviati, un corpo mancante e un altro in eccesso tra le vittime, presenze inquietanti sul luogo della strage, la mancanza del movente, ambigue testimonianze, il recupero tra le macerie di un passaporto appartenente a un militante nei gruppi dell’estrema sinistra della Barbagia, la presenza a Bologna nei giorni della strage di un tedesco esperto in esplosivi con un passato nelle Revolutionäre Zellen (forse accompagnato da una donna del gruppo terroristico di Carlos e anch’ella esperta in esplosivi), il ritrovamento sull’espresso Taranto-Milano di una valigia contenente esplosivo identico a quello utilizzato a Bologna, assieme ad alcuni documenti di due neonazisti (un francese e un tedesco legati al gruppo eversivo neofascista Avanguardia Nazionale), il rinvenimento durante l’arresto di Licio Gelli di un documento scritto dal “venerabile” con l’intestazione “Bologna 525779 X S” attestante un trasferimento di 13.970.000 dollari dalla banca USB di Ginevra a più soggetti indicati in codice, sono gli “ingredienti” di un attentato anomalo, in cui le vittime non hanno ricevuto ancora definitiva giustizia.

Allo stato attuale ci sono le condanne all’ergastolo di 3 neofascisti dei NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari): Giuseppe Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, che si sono sempre proclamati innocenti sebbene abbiano ammesso altri atti di terrorismo, e Gilberto Cavallini. A trent’anni di carcere è condannato Luigi Ciavardini, anch’egli dei NAR. Per depistaggio nelle indagini sono condannati l’ex agente segreto Francesco Pazienza (10 anni di reclusione) e gli ufficiali del servizio segreto militare Pietro Musumeci (8 anni e cinque mesi di reclusione) e Giuseppe Belmonte (7 anni e undici mesi di reclusione).

Durante la fase istruttoria sono inoltre emersi contatti fra i NAR e una parte dei servizi segreti italiani attraverso sia numeri di telefono annotati da Cavallini riconducibili ad una struttura del SISDE (Servizio per le Informazioni e la Sicurezza DEmocratica), sia la presenza di due covi dei NAR in via Gradoli a Roma, in uno stabile vicino al covo delle Brigate Rosse usato durante il rapimento Moro (in entrambi i casi gli immobili sono di proprietà di agenzie immobiliari collegate al SISDE).

L’11 febbraio 2020 la Procura Generale di Bologna ha chiuso la nuova inchiesta sulla strage, indicando Paolo Bellini (Avanguardia Nazionale) come un altro esecutore; mentre Licio Gelli e il suo braccio destro Umberto Ortolani, insieme a Mario Tedeschi (volontario nel battaglione Barbarigo della X Flottiglia MAS, deputato col MSI e direttore de Il Borghese), e Federico Umberto D’Amato (direttore dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno italiano) sono indicati come organizzatori e finanziatori.

Dopo quarant’anni la verità giudiziaria alla quale molti faticano a credere, è ancora monca di movente. Nel frattempo, anche quest’anno rimarcheremo il ricordo con altri minuti di silenzio per ricordare le vittime, senza renderci conto che, a forza di osservare minuti di silenzio, abbiamo messo insieme 40 anni di vergogna.

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